Si può far dire Messa per un defunto anche se non era una persona credente?
Si può far dire una Messa di suffragio anche per una persona non credente? La risposta del teologo

A proposito delle Messe offerte per i defunti, si può far dire una Messa di suffragio anche per una persona non credente? Non è un modo per andare oltre la sua volontà?
Lettera firmata
Risponde padre Francesco Romano docente di Diritto canonico
Il lettore chiede delucidazioni sull’interessante argomento che riguarda la celebrazione della Messa in suffragio dei defunti e in modo particolare se esiste un limite a questa possibilità.
Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: «Fino dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti» (CCC, n. 1032).
La celebrazione della Messa è il sacrificio permanente che Cristo ha compiuto sulla croce. Ogni Messa è quindi il sacrificio perfetto compiuto da Cristo che si perpetua nel tempo con gli stessi effetti salvifici universali che il primo produsse.
La celebrazione eucaristica attualizza il mistero della nostra redenzione i cui frutti sono destinati sia a favore delle anime dei fedeli che ci hanno preceduto, delle quali si presume sempre che almeno si trovino in Purgatorio, sia di coloro che sono insieme radunati intorno alla celebrazione eucaristica, sia di coloro che potenzialmente sono destinati ad accrescere il Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Infatti, i frutti sovrabbondanti del Sacrificio eucaristico sono a vantaggio dell’intera umanità, ma in modo particolare di tutta la Chiesa quale corpo intimamente già unito al suo Capo. Il Catechismo della Chiesa cattolica, afferma che «Tutta la Chiesa è unita all’offerta e all’intercessione di Cristo» e tra l’altro, recita: «In quanto sacrificio, l’Eucaristia viene anche offerta per tutti i fedeli vivi e defunti, in riparazione dei peccati di tutti gli uomini e per ottenere da Dio benefici spirituali e temporali. Anche la Chiesa del cielo è unita nell’offerta di Cristo» (CCC, n. 1369).
Partecipano allo stesso modo ai frutti della redenzione anche tutti i fedeli ancora pellegrini sulla terra, quelli che si trovano nella gloria del cielo, ma anche coloro che «sono morti in Cristo e non sono ancora purificati».
La salvezza universale è quindi intimamente connessa nella celebrazione dell’Eucaristia all’applicazione universale dei frutti della redenzione a beneficio dell’intero Corpo mistico.
Il can. 901 del Codice di diritto canonico riconosce il diritto del sacerdote di «applicare» la Messa «per chiunque», senza altra specificazione, sia per i vivi che per i defunti. Vale a dire per le anime che scontano nel purgatorio la pena temporale dei loro peccati, cosa che noi possiamo sempre presumere, ma non escludere.
Il significato del termine «applicazione» indica che il ministro del Sacrificio eucaristico può destinare in modo più particolare il frutto derivante dalla sua celebrazione a una determinata persona viva o defunta che sia.
Come è possibile osservare con facilità, ogni celebrazione eucaristica produce frutti salvifici per tutta la Chiesa, per tutte le anime del passato e del presente, ma anche per coloro che non fanno parte della Chiesa.
La nostra speranza si fonda sulla fede che la salvezza che discende dall’alto della croce non conosce limiti ed è infinita quanto la misericordia e l’amore di Dio per l’uomo in qualunque situazione si sia trovato a vivere e a morire. La speranza si fonda anche sulla certezza che il giudizio di Dio è ben altro rispetto al giudizio dell’uomo che resta pur sempre fallibile anche di fronte alle evidenze.
I criteri con cui giudichiamo, per quanto rigorosi e logici, non possono pronunciare l’ultima parola che spetta solo a Dio, il solo che conosce tutto e riesce a leggere nel profondo del cuore di ognuno. La stessa pena della scomunica è l’esclusione dalla comunione ecclesiale acquisita mediante il battesimo, ma non è separazione da Cristo né dalla Chiesa in quanto Corpo mistico, in cui si realizza la Comunione dei Santi, ma soltanto dalla Chiesa terrena in quanto corpo giuridico sociale.
Tornando alla domanda del lettore sul rispetto che si deve alle ultime volontà del defunto, morto lontano dalla fede, oppure con un vissuto imperdonabile secondo il giudizio umano, rispondiamo con certezza che per quanto riguarda le cose terrene le ultime volontà di chiunque devono essere sempre rispettate. Per esempio non si può amministrare un sacramento contro la volontà di chi deve riceverlo, come nel caso dell’unzione degli infermi a chi, mentre si trova in stato di incoscienza, quando era nel pieno delle facoltà mentali non lo abbia chiesto almeno implicitamente. Al contrario, pregare per il prossimo è un comandamento che ci viene dal Signore e non ci può essere limitato da nessuno. Nel nostro caso, pregare in suffragio di una persona morta, non significa forzare la volontà di Dio né andare oltre la volontà del defunto che ormai è totalmente nelle mani di Dio dopo che la sua esistenza terrena si è esaurita definitivamente.
Tutti siamo stati raggiunti dalla salvezza, anche quanti neppure hanno conosciuto il Signore o non lo hanno accolto. Soltanto il Signore è il giudice giusto che non guarda alle apparenze. Per questo l’intera Chiesa prega per tutti, anche se inconsapevoli o contrari, credenti o non credenti, giusti o ingiusti, e continuerà a pregare anche quando nessuno se ne ricorderà più di farlo.
Noi non siamo in grado di giudicare e decidere il destino ultraterreno di chiunque, neppure il proprio. Abbiamo solo conosciuto nel suo Figlio la misericordia infinita di Dio e a lei ci appelliamo.