Se c’è vita altrove nell’universo è perché Dio lo ha voluto
L’annuncio della Nasa della scoperta di 7 pianeti su cui ci sarebbero condizioni simili a quelle della Terra riapre la domanda sulla possibilità di vita nell’universo. Di fronte a queste scoperte e alle possibili «possibilità» che si aprono, la risposta non può che permanere nel campo delle ipotesi.
Teologicamente Dio è libero di fare quello che vuole. Come si dà un mondo angelico di puri spiriti, dove anche lì è avvenuto più o meno quello che è avvenuto nel mondo umano, ossia che un gruppo di angeli abbia peccato e siano diventati demoni; e come si dà un mondo umano come il nostro dove anche gli uomini hanno peccato, ma Dio, in questo caso, ha risposto diversamente che con gli angeli; possiamo così teorizzare che possa esservi sparso tra le sfere celesti un altro tipo di mondo dove si danno altri tipi di esseri intelligenti (o qualcosa di simile) che abbiano fatto o no qualche cosa simile al peccato, e siano in situazione simile o quasi simile alla nostra, oppure siano in piena comunione con Dio, dal momento che possiamo supporre che non abbiano commesso alcun peccato.
Le distanze sono così impressionanti e il diverso, da come siamo noi, è talmente diverso che pur mettendo insieme le più fervide fantasie umane mai potrebbero dire un milionesimo di quello che potrebbe essere. Perciò possiamo anche supporre che nel futuro quando ci incontreremo, se riusciremo a comunicare, potrebbe darsi che gli esseri del mondo lontano possano dirci qualcosa di buono per vivere meglio, se saranno migliori di noi, e noi saremmo loro grati.
Razionalmente, cioè lasciando perdere la teologia e la fede, le cose sono diverse perché non c’interessa tanto se ci sono uomini o simili, ma se c’è la vita. Il problema è diverso perché gli scienziati stanno tentando di dimostrare che la vita sorge dalla non-vita, ossia cercano di dimostrare che la teoria dell’evoluzione è quella vera contro ogni teoria creazionista o religiosa. Il passaggio dalla non-vita alla vita e di conseguenza il passaggio dalla non-intelligenza all’intelligenza (=alla coscienza di se stessi) sarebbe la dimostrazione del materialismo assoluto e quindi della non esistenza di Dio, perché a questo punto non ci servirebbe più un Dio, dal momento che tutto sarebbe spiegato dalla materia stessa senza altri interventi. È come dire: se si riuscisse a spiegare che la statua del David (di Michelangelo) proviene dal marmo stesso senza intervento dello scultore (Michelangelo) è ovvio che Michelangelo non ci servirebbe più, perché basterebbe andare a Carrara e aspettare che un blocco di marmo diventi una qualche statua.
Qui il problema si divide. Se nella materia non vi sono «semi» di vita è impossibile che si dia vita, perché altrimenti la si dovrebbe trovare dappertutto. Se poi vi sono «semi» di vita (e nel caso non sarebbe solo e tutto materia), allora la questione è banale perché si può concedere una evoluzione dove le condizioni lo permettano, come ammesso che vi siano semi di banane nelle tundre, se cambiasse clima germoglierebbero.
Altro problema è il passaggio dalla vita alla persona ossia al soggetto avente coscienza e perciò capacità di giudizio. Questo è un ulteriore passaggio perché è un tipo di «vita» particolare che non è data dal semplice vivere ma comporta un qualcosa (nella storia chiamato: psiche, anima, spirito) che non è riducibile solo al corpo, perché altrimenti anche gli animali lo avrebbero, e che permette al soggetto umano di giudicare sia le cose diverse e sia se stesso. Ora il giudizio su se stessi indica che in qualche modo il soggetto umano è libero (o altro) anche da se stesso, e in forza di ciò può determinare la sua vita come una scelta e come un progetto determinato e personale.
Se trovassimo qualcosa del genere in altri pianeti è ovvio che siamo in presenza di interventi che non possono pensarsi autofondantesi perché il passaggio dal non-essere all’essere, per quanto gli scienziati si arrabattino a dimostrarlo, non solo è contraddittorio ma è stupido, come si è dimostrato nel caso della statua del David (di Michelangelo).
Il lettore comprende che niente pone problemi a ciò che di fatto c’è, perché l’esistenza di Dio e il fatto che il/i mondo/i siano creati, ed essendo la creazione «libera», ne consegue che avranno sempre una spiegazione, in ragione della libertà di Colui che opera. Semmai il problema è per chi pensa il contrario.