U na canonizzazione non è dogma, cioè posso non credervi pur rimanendo cattolico, senza essere scomunicato. Ciò nonostante, è considerata definitiva e irrevisionabile, e quindi chiunque la neghi, pur rimanendo cattolico, erra. Questo crea una serie di contesti problematici. Si può immaginare, come evenienza estremamente rara anche se in linea di principio possibile, che dopo la canonizzazione di un individuo emergano suoi scritti inediti in cui si rivela nascostamente un ateo o un omicida. Dovrebbe essere ancora irrevisionabile? E cosa dire della santificazione, anche in epoca relativamente recente e non solo in casi antichi, di personaggi che potrebbero essere inesistenti, come secondo molti San Juan Diego?Dunque, per capire: cos’è davvero definitivo nel magistero, e cosa no?Alessio MontagnerRisponde don Francesco Vermigli, docente di Teologia dogmaticaL a domanda che Alessio pone, impatta su vari ambiti della teologia e della disciplina della Chiesa Cattolica. E tocca un argomento assai complesso.La canonizzazione è una decisione frutto di un procedimento che per il Codice di Diritto Canonico (can. 1403 § 1) è regolato da una legge pontificia peculiare. Questo perché se ne vuole mostrare la particolarità rispetto a ogni altro procedimento giudiziario. E perché si vuole dichiarare che la canonizzazione è un atto che coinvolge il Papa come capo universale della Chiesa. Queste brevissime note ci conducono a considerare chi sia il soggetto di quell’atto magisteriale e giuridico specifico che è la canonizzazione: cioè il Romano Pontefice.La domanda però riguarda principalmente quale sia la portata di questo atto particolare e quale assenso di fede, conseguentemente, si debba alla canonizzazione. È affermazione piuttosto comune che la canonizzazione dei santi non appartenga al Magistero infallibile del Papa; quando cioè egli si esprime ex cathedra – cioè ex sese, non ex consensu Ecclesiae come recita la Pastor Aeternus (Denzinger 3074) – su una materia che attiene alla dottrina e alla morale. Così intende, così mi pare, il nostro lettore, quando dice che la canonizzazione dei santi non è un dogma.Di cosa si tratta, allora? Proviamo a riflettere a partire da un documento di oltre vent’anni fa. La Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professione di Fede della Congregazione per la dottrina della fede del 1998, al numero 11 enumera alcuni esempi di verità di fede proposte dalla Chiesa in modo definitivo: tra questi pone proprio la canonizzazione dei santi. Si afferma dunque che la canonizzazione dei santi seppur non divinamente rivelata, è da tenersi in modo definitivo.Possiamo dunque affermare alcune cose; con approssimazione, certamente, ma anche con plausibilità. Possiamo innanzitutto dire che la canonizzazione dei santi è un fatto che rientra nella più vasta assistenza che al Papa è data dallo Spirito santo, nell’esercizio non solo straordinario del suo ministero. Sembra dunque incoerente con tutto questo pensare che una decisione che implica il culto pubblico e che coinvolge il ministero pontificio con un certo grado di solennità, possa essere emendabile. In coerenza con quello che diceva la Congregazione nel 1998, la linea su cui sembra si debba camminare è piuttosto quella di un magistero seppur non infallibile, definitivo.Quanto all’obiezione che fa il nostro lettore sulla possibilità che si scoprano post-canonizzazione elementi che ne avrebbero messo in discussione la canonizzazione, se fossero emersi in precedenza, diciamo che si tratta di un’ipotesi di scuola. Vale a dire che questa ipotesi deve essere vagliata attraverso l’affermazione circa l’assistenza costante dello Spirito santo sul magistero del Papa, che normalmente dovrebbe preservare il Papa dall’errore. E se anche accadesse, come notava Innocenzo IV, che vi sia un errore nella canonizzazione, appare coerente con il Dio giusto e misericordioso che le preghiere rivolte a Dio per intercessione di una persona erroneamente canonizzata, vengano accolte, come attestazione di fede autentica (Super libros quinque Decretalium, 1. 3, tit. 45).