Quel Dio «violento» dell’Antico Testamento
Perché Dio, che è Amore, ha tollerato, e talvolta avallato, così tanta violenza nell’Antico Testamento? Una delle principali critiche mosse all’islam è che il corano istiga e incoraggia palesemente alla violenza… Esempio: Sura Al-Imran, versetto 127 «Il Signore vi farà vincenti, e ciò per uccidere ed umiliare i miscredenti, i quali saranno così perdenti in questa e nell’altra vita»… ma anche la bibbia contiene passi analoghi… (preferisco non riportare frasi estrapolate senza il relativo contesto, ma converrà con me che non mancano frasi molto simili…).
Marco
Il tema è straordinariamente complesso – e il lettore non me ne voglia se sono andato oltre al suo quesito – e in pari tempo attuale, anche solo per cercare di capire le culture con le quali ci confrontiamo, qui da noi e nel vicino Oriente. Ma implica anche una comprensione del significato per noi cristiani delle Sacre Scritture e della loro interpretazione. E qui ritorno al quesito preciso del lettore.
Dio si fa conoscere agli uomini anche in quei testi che inquietano le nostre coscienze. Prima di giudicarlo con metri inadeguati, occorre capire il suo modo graduale (la «divina pedagogia») di condurre gli uomini alla pienezza della Rivelazione, quella, per intenderci – ed esprimerci, con s. Paolo nella lettera ai Romani – dove si è salvi non per la Legge, ma solo per la fede nella morte e risurrezione di Cristo.
Ma, si potrebbe obiettare: allora la violenza «tollerata», «avallata» o «provocata» da Dio è solo un genere letterario, un modo di descriverlo? Non è così semplice. Sempre seguendo Paolo, possiamo dire c’è stato un tempo in cui Dio ha tollerato il male in vista della conversione dell’uomo (Rom 2,4). Oppure il testo biblico usa un linguaggio di violenza, distinguendone fra l’altro varie forme, per indicare l’impossibilità di compromessi tra Lui e le altre divinità. Sempre che queste non esistano solo nella mente dell’uomo ancora in cammino verso la pienezza della Rivelazione.
Comunque sia, la «violenza» di Dio – come del resto la sua ira e la sua magnanimità – non può esser cancellata dalle S. Scritture, neanche per non turbare alcune menti troppo sensibili. Se vi è finita, occorre tenere presente che fra le righe – espresso nella cultura e nel linguaggio che ci ha consegnato quelle pagine – c’è scritto molto di più di ciò che appare: l’infinita passione di Dio per l’umanità peccatrice che ha amato così com’era. In sostanza, una lettura più approfondita del testo, permette di evitare i rischi di una interpretazione letterale, da un lato o «troppo» spirituale, dall’altro. E ci restituisce il senso di un prezioso dialogo anche con le altre fedi, oltre che farci riappropriare delle nostre radice più profonde.