Quegli equivoci sulla laicità
La laicità è vista nella totale separazione tra lo Stato e la Chiesa, non riconoscendo, a quest’ultima, titolo alcuno ad intervenire su tematiche relative alla vita ed ai comportamenti dei cittadini; la laicità comporterebbe addirittura – ha continuato Benedetto XVI – l’esclusione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici destinati allo svolgimento delle funzioni proprie della comunità civile. È compito dei credenti in Cristo – ha aggiunto il Pontefice – contribuire ad elaborare un concetto di laicità che, da una parte riconosca a Dio e alla sua legge morale il posto che ad essi compete nella vita umana, sia individuale che sociale e dall’altra , affermi e rispetti la «legittima autonomia della realtà terrene» come ribadisce il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Gaudium et spes al n.36 che è il fondamento dottrinale della «sana laicità».
Sulle base di queste affermazioni – ha detto ancora il Papa – la religione essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria. Questo comporta inoltre che ad ogni confessione religiosa, purchè non in contrasto con l’ordine morale e non pericolosa per l’ordine pubblico, sia garantito il libero esercizio della attività di culto, spirituali, culturali, educative e caritative. Non è segno di «sana laicità» – ha sostenuto Benedetto XVI avviandosi alla conclusione – il rifiuto alla comunità cristiana e a coloro che legittimamente la rappresentano del diritto di pronunziarsi sui problemi morali che interpellano la coscienza di tutti gli esseri umani, in particolare dei legislatori e dei giuristi; non si tratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell’attività legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell’affermazione e della difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardano la dignità.
Il testo integrale del Discorso di Benedetto XVI ai giuristi cattolici (9 dicembre 2006)