Quando la Madre cerca di comprendere
Sono proprio i genitori evangelici di Gesù che non comprendono l’abissale portata della affermazione della sua autonomia «perché mi cercavate? non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?» Eppure molto giustificata era la loro angoscia esternata nel rimprovero materno «perché ci hai fatto questo?» La normalità di un comportamento paterno e materno in un evento come la scomparsa del figlio proprio quelle azioni, quei sentimenti, quelle parole cagiona. È normale la non-comprensione per gli imprevisti nei quali il figlio coinvolge i genitori. Il «caso Gesù» però incarna lo straordinario. E soprattutto quella porzione di straordinario esternata nella preferenza che il ragazzo dà al tempio e nelle parole che Giuseppe e Maria non compresero. Normale ed esemplare è la solidarietà degli sposi nell’angoscia e non-comprensione.
Tuttavia, «non comprendere» aggiunge una responsabilità: quella di cercar di capire. Non è normale restare nel vuoto o nell’equivoco dell’incomprensione. È attestato che Maria si prodigò nella ricerca di capire: «serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Luca 51b). La ricerca di capire le apparteneva come caratteristica della personalità. A Dio durante l’annuncio aveva chiesto lumi tramite l’angelo; a Gesù chiede chiarificazioni d’un gesto e di parole imprevisti, sicuramente densi di simboli però comprensibili non all’improvviso né per gratuiti privilegi bensì attraverso un percorso in progressione di attenzioni, di interrogativi nella mente, di custodia in cuore, di pazienti ricerche. Nemmeno parole, gesti, segni successivi di Gesù saranno subito o completamente compresi; anzi, talvolta saranno non-compresi. Maria, insieme allo sposo Giuseppe, avanza nella comprensione peregrinando nella fede. I giorni del non-comprendere preparavano il futuro della comprensione.