Quando è salito in cielo, Gesù ha mantenuto il suo corpo?
Abbiamo vissuto da poco la Pasqua, con la risurrezione di Gesù che appare in varie occasioni ai discepoli, facendo anche toccare il suo corpo. Mi chiedo: perché poi a un certo punto se ne va, salendo in cielo? Non poteva restare sulla Terra? E quando è arrivato in cielo ha mantenuto la sua forma corporea? Quando tornerà, lo farà nella stessa forma corporea che aveva quando è salito al cielo?
Luigi Filippini
Non si tratta della semplice riviviscenza di un cadavere. Quando il NT tenta di spiegarci la risurrezione di Gesù ne parla di una cosa assolutamente nuova, inedita: è una nuova vita, cioè un modo di vivere che non si era registrato prima, tanto da definirla nuova creazione! Il carattere principale è la sua immortalità e l’incorrutibilità: Cristo risorto dai morti non muore più, la morte non ha più dominio su di lui (Rm 6,9). È non è nemmeno la sopravvivenza di qualcosa di Lui, ma la sua totale persona risorta che vive la nuova vita, come afferma la liturgia: è risorto nel suo vero corpo, significando così che è la sua intera persona, quella che i discepoli e tanti altri avevano conosciuto.
La ragione di questa paradossale affermazione, cioè un corpo immortale (giacché noi conosciamo solo corpi mortali), è che Gesù vive la vita di Dio piena, che non conosce la corruzione delle cose: in Dio tutto è vivo e per sempre. Ecco, un uomo vive la vita di Dio indeffetibile. Quindi possiamo affermare che in Dio c’è un corpo che vive, per quanto strano possa risultare, ed è importante affermarlo perché significa che anche per noi c’è la medesima possibilità, che nulla di noi, della nostra esperienza terrena vada perduto ma sia rinnovato e sussista per sempre in Dio.
Tutto questo è possibile proprio perché Gesù, compiuto il suo destino terreno, ha raggiunto il suo (e nostro) compimento eterno, ora vive pienamente in Dio, e questo è il significato dell’Ascensione, che non è un abbandono, ma il compimento del destino di ogni uomo e di ogni corpo: la sua pienezza in Dio. Per questo è ancora più presente, perché è in Dio, il Vivente per eccellenza, per il quale tutti noi viviamo. È bene per voi che me ne vada (Gv 16,7). Senza questo inabissamento dell’intera persona di Gesù, compreso il suo corpo, Egli avrebbe una presenza limitata e provvisoria, legata alle categorie di tempo e di spazio inevitabili della nostra condizione terrena. Invece Egli vive per sempre e quindi è sempre Presente a noi e noi a Lui in Dio.
Scrive Romano Guardini: «La carità redentrice di Dio non s’indirizza unicamente all’anima, ma a tutto l’uomo. Ora l’uomo nuovo, redento, riposa sulla sacrosanta umanità di Gesù, che ha toccato il suo compimento nell’Ascensione. Soltanto il Cristo salito al cielo, penetrato nell’intimità del Padre, è il perfetto uomo-Dio».
Ora, quando parliamo del corpo di Gesù risorto dobbiamo anche precisare che è un corpo particolare, non soggetto ai limiti di tempo e spazio che noi conosciamo, è un corpo nuovo. È il corpo umano, e quindi di ogni uomo, redento dalla sua corruttibilità, cioè quello che noi desideriamo per noi stessi. Gesù ha compiuto per sé e per noi il destino dell’uomo intero, significato dalla redenzione nel suo corpo e del suo corpo, quindi del nostro. Per questo i vangeli fanno fatica a descriverlo, è lo stesso Gesù ma trasformato, è Lui ma diverso, è presente ma non soggiace alle limitazioni di tempo e spazio, è corporeo ma non limitato dalla sua corporeità. I 40 giorni delle sue apparizioni sono state necessarie ai discepoli e alla Chiesa tutta per abituarli alla sua nuova modalità di presenza che è corporea ma eterna assieme, tutta ripiena dello Spirito che rende nuovo il corpo, cioè l’esperienza umana. Per questo tornerà un giorno allo stesso modo in cui lo avete visto salire al cielo (At 1,11), Egli è lo stesso ieri oggi e sempre (Eb 13,8), nella sua nuova umanità che attira e assimila la nostra umanità per renderla nuova come la Sua.