Pochi preti: apriamo i seminari alle donne?
Il minor numero dei preti è avvertita come mancanza e vissuta con preoccupazione perché ci misuriamo con un modello di comunità cristiana in cui il prete riassume in sé la totalità dei carismi e dove l’apporto dei fedeli laici è irrilevante e comunque strumentale al suo ministero. Per questo motivo, come dicevo all’inizio, non sono d’accordo con la conclusione del sig. Marconi. Pensare che la mancanza dei preti debba essere affrontata e risolta incrementandone il numero ricorrendo all’ordinazione delle donne – al di là dei problemi teologici che questa scelta solleva -, oppure ammettendo al sacerdozio gli sposati, o importando vocazioni da altri paesi, a mio parere, significa perdere l’occasione di riscoprire un modo di essere Chiesa dove si sperimenta al contempo «l’unità della missione e la diversità di ministero». Si legge ancora nel Concilio: «Gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l’ufficio di insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità. Ma anche i laici, essendo partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all’interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo» (Apostolicam actuasitatem).
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