Perché la preghiera cristiana è diversa rispetto ad altre tecniche di meditazione
Vorrei sapere cosa pensa la Chiesa di forme di meditazione, tecniche di rilassamento, viaggi astrali etc. Possono aiutare anche la preghiera cristiana, o sono incompatibili?
Risponde don Diego Pancaldo, docente di Teologia pastoraleIl Catechismo della Chiesa cattolica definisce la preghiera cristiana «l’incontro della sete di Dio con la nostra sete» (n. 2560), «una relazione di alleanza tra Dio e l’uomo in Cristo. È azione di Dio e dell’uomo; sgorga dallo Spirito Santo e da noi» (n.2564). Ciò che da parte dell’uomo primariamente entra in gioco nella preghiera è il cuore «il luogo dell’incontro, il luogo dell’Alleanza» (n.2563). Il cuore, biblicamente inteso, è infatti la sede della nostra libertà, «il nostro centro nascosto», «il luogo della decisione», «della verità, là dove scegliamo la vita e la morte». Per questo motivo la preghiera cristiana rifugge da metodi e da tecniche impersonali. Lo afferma con molta chiarezza la Lettera della Congregazione della Dottrina della fede del 15 ottobre 1989 intitolata Orationis formas, rivolta ai vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della meditazione cristiana. Il documento sottolinea che la preghiera cristiana è sempre un incontro di due libertà, che presuppone per l’uomo l’atto di fede. La preghiera è infatti fede, speranza, carità in atto. Non può essere orientata alla ricerca di piacevoli sensazioni o considerata come un mezzo terapeutico, «non è – spiegava il card. Joseph Ratzinger nella presentazione del documento – un affondare in un’impersonale atmosfera del divino, in un abisso senza volto e senza forma».«La preghiera cristiana – afferma Orationis formas – è sempre determinata dalla struttura della fede cristiana, nella quale risplende la verità stessa di Dio e della creatura. Per questo essa si configura, propriamente parlando, come un dialogo personale, intimo e profondo, tra l’uomo e Dio. Essa esprime quindi la comunione delle creature redente con la vita intima delle Persone trinitarie. In questa comunione, che si fonda sul battesimo e sull’eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, è implicato un atteggiamento di conversione, un esodo dall’io verso il Tu di Dio. La preghiera cristiana quindi è sempre allo stesso tempo autenticamente personale e comunitaria. Rifugge da tecniche impersonali o incentrate sull’io, capaci di produrre automatismi nei quali l’orante resta prigioniero di uno spiritualismo intimista, incapace di un’apertura libera al Dio trascendente. Nella Chiesa la legittima ricerca di nuovi metodi di meditazione dovrà sempre tener conto che a una preghiera autenticamente cristiana è essenziale l’incontro di due libertà, quella infinita di Dio con quella finita dell’uomo». (n.3).La preghiera cristiana è la partecipazione crescente alla preghiera di Cristo, l’unico mediatore tra Dio e l’uomo, in cui siamo innestati attraverso i sacramenti. Solo così possiamo realmente incontrare Dio ed essere attirati all’interno del circolo trinitario, in quell’eterno dialogo d’amore da cui ha origine la preghiera stessa. Orationis formas sottolinea la necessità di una corretta ascesi che permetta all’uomo di essere libero dal proprio egoismo, evitando il pericolo di rimanere centrato in se stesso: «Come dice S. Ignazio negli Esercizi spirituali, dovremmo tentare di cogliere “il profumo infinito e la dolcezza infinita della divinità”, partendo dalla finita verità rivelata dalla quale abbiamo iniziato. Mentre ci eleva, Dio è libero di “svuotarci” di tutto ciò che ci trattiene in questo mondo, di attirarci completamente nella vita trinitaria del suo amore eterno. Tuttavia, questo dono può essere concesso solo “in Cristo attraverso lo Spirito Santo” e non attraverso le proprie forze, astraendo dalla sua rivelazione». (n.20)Orationis formas ricorda inoltre che nella preghiera è tutto l’uomo che deve entrare in relazione con Dio e che anche la posizione del corpo non è priva di influenza sul raccoglimento e la disposizione interiore, come attesta la tradizione spirituale cristiana di Oriente e di Occidente. A partire da questi dati essenziali così Ratzinger rispondeva alla domanda se metodi di meditazione nati in religioni non cristiane possono essere integrati nella preghiera cristiana: «La risposta non deve necessariamente addentrarsi nel groviglio della casistica; essa offre al singolo stesso il criterio a portata di mano. Può essere accolto tutto e solo quello che si lascia armonizzare con la struttura fondamentale della preghiera cristiana: con il suo carattere personalistico e storico e con la sua dimensione sociale, cioè con il suo essenziale orientamento all’amore, al servizio quotidiano della vita cristiana in mezzo al mondo. Ciò significa prima di tutto una limitazione di ogni psicotecnica: nessuna tecnica può sostituire lo slancio della libertà che si fa incontro a Dio. L’elemento della libertà è insostituibile. Le tecniche si possono assumere nella misura in cui sono di aiuto all’itinerario della libertà qui descritto… È per questo che il documento si chiude anche con una proclamazione di libertà: ogni preghiera ha il suo carattere individuale, perché ogni essere umano si trova dinanzi a Dio personalmente con il suo nome. Ma proprio così egli si dischiude all’altro».