Perché Gesù ha scelto di essere povero?
Gesù, in questo modo, è il povero per eccellenza: ecco perché
Gesù viveva in povertà? O possiamo dire che fosse benestante?
Lettera firmata
Risponde don Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi afferma: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
Naturalmente, l’Apostolo sta sintetizzando con l’immagine della ricchezza e della povertà la dinamica dell’Incarnazione per la quale il Figlio di Dio dalla ricchezza della sua divinità ha scelto di incarnarsi nella povertà della natura umana. Non necessariamente sta delineando i tratti contingenti economici della figura di Gesù. È comunque una indicazione della fondamentale scelta di Dio di apparire nella storia non in maniera sfarzosa e potente, ma umile e semplice.
Del resto i Vangeli ci offrono un’immagine e un contesto della vita terrena di Gesù molto semplice per quello che riguarda il suo tenore di vita, soprattutto nei suoi tre anni di predicazione.
Gesù non ha una sua propria proprietà: «andò ad abitare a Cafarnao» ci dice il vangelo di Matteo (Mt 4,13) – quindi lasciando la sua familiare Nazaret – e presumibilmente presso i suoi nuovi amici Pietro e Andrea, Giovanni e Giacomo, soci di una piccola cooperativa di pescatori che condivideranno con lui ed altri la sua missione di predicazione del Regno di Dio. E per tutto il tempo della sua missione itinerante non avrà fissa dimora, venendo spesso ospitato da conoscenti e amici, come a Betania dai suoi amici Lazzaro, Marta e Maria quando si recava a Gerusalemme. Ebbe a dire a chi desiderava seguirlo, proprio per significare la sua condizione precaria e itinerante : «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20).
Non aveva inoltre beni o denaro in proprio, tanto che il Vangelo ci dice che Giuda Iscariota teneva la cassa per tutto il gruppo degli apostoli (Gv 12,6 e 13,29). Dobbiamo allora immaginare una forma di condivisione dei beni che in seguito diventerà il modello per le comunità religiose o monastiche: nulla di proprio, ma tutto in comune. Così viveva Gesù con i suoi discepoli.
Sappiamo anche che Gesù e i suoi amici con cui condivideva la missione vivevano di provvidenza, ovvero affidandosi di volta in volta alla generosità di conoscenti, amici che provvedevano ai loro bisogni. Così Luca ci ci offre uno spaccato di tale condivisione: «In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni» (Lc 8,1-3).
Ma è soprattutto al termine della sua vicenda terrena che Gesù mostra tutta la sua povertà: un uomo rifiutato, osteggiato, condannato, abbandonato dai suoi; nudo e solo muore ignominiosamente sulla croce, il patibolo più crudele dei tempi, riservato agli schiavi e ai peggiori criminali. Gesù muore poverissimo. Non gli rimane più nulla se non il suo corpo martoriato.
Ora, tutti questi dati che ci mostrano la povertà esteriore di Gesù sono il pallido riflesso di una più sublime povertà, quella dello spirito, esaltata da Gesù stesso: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (Mt 5,3). E questa è la più vera e profonda condizione di povero da parte di Gesù. Il povero di spirito è chi non ha nulla da difendere, distaccato da ciò che sembra avere, che non afferma un proprio possesso. E può vivere tale distacco dai beni materiali perché è già pieno d’altro, della pienezza di Dio che colma l’animo umano delle sue ricchezze di grazie.
Gesù, in questo modo, è il povero per eccellenza, che non ha bisogno di attaccarsi a beni o possessi terreni perché è già ricco dell’amore del Padre che colma il cuore oltremisura.
Per questo il Signore Gesù, più volte nel Vangelo, avverte del pericolo delle ricchezze terrene, giacché esse – subendone l’inganno – rischiano di distogliere dalla vera ricchezza umana che è Dio stesso.
Così, al di là della condizione di ricchezza o povertà materiale di ciascuno, Gesù rimane per tutti il grande paradigma dell’uomo veramente religioso che pone la sua speranza e soddisfazione non in beni passeggeri ed effimeri, ma nella ricchezza dei doni che Dio elargisce in abbondanza a chi si affida a Lui.