Perché Dio ha scelto quella terra e quel periodo storico per manifestarsi?
Come mai Dio ha scelto quella terra, quel popolo e quel periodo storico per farsi conoscere e stringere con loro una allenza?
Piergiorgio Castellucci
Il lettore certamente tutto ciò lo sapeva perché è nella Bibbia. Ma si chiede perché proprio Abramo e perché la terra di Canaan, e perché non prima né dopo?
La domanda sarebbe stata la stessa se Dio avesse chiamato un discendente di Iafet o Cam, per es. dall’Etiopia. È veramente difficile seguire la «logica» di Dio, anche perché – come sempre la Bibbia rivela – non segue quella umana. Per es. invece di Esaù predilige Giacobbe, il secondogenito, e invece di essere ligio all’ordine di anzianità sceglie l’ultimogenito David per farlo re. Dio in sostanza fa come gli pare, e non possiamo che accettare quello che fa.
Tuttavia possiamo dire che non vi sia nessuna «logica»? Se si guarda bene qualcosa emerge. Prima di tutto Dio è interessato al cuore giusto, e segue tutta la discendenza che interpreta e vive quella «giustizia» che non è solo umana, ma anche divina, nella fede riposta in Dio stesso. Inoltre – da quanto Gesù, il Figlio prediletto, lascia capire – Dio ha un debole per i deboli, per gli ultimi, per coloro che sulla carta (umana) non conterebbero nulla. Infatti questi non possono avere altro avvocato e difensore se non Dio, essi sono i poveri in senso proprio. Per es. David era l’ottavo figlio di Jesse, da Samuele è unto re sopra i suoi fratelli (1Sam 16,12), David terrà sempre presente che la sua regalità è stata solo un dono di Dio, e di ciò ne sarà sempre fedele e riconoscente a Dio.
A questo punto io farei anche un’altra considerazione. Abram non è scelto perché era un buon uomo di Carran, ma perché era un discendente di Sem che Dio aveva benedetto. Ora perché Dio al capitolo 12 di Genesi sembra cambiare completamente il suo modo di fare in rapporto all’umanità tutta? Il lettore rilegga i primi 11 capitolo di Genesi e ne consideri la sequenza. Dio caccia l’uomo dal paradiso, perché smettesse di peccare, ma l’umanità non sente ragioni, anzi aumenta la cattiveria, fino al punto che Dio punisce l’uomo scorciandogli la vita (Gn 6,3). Ma l’umanità continua nel male, e Dio manda il diluvio (Gn 7). Ma neppure questa punizione attenua le attività malvagie dell’uomo che rizza la torre di Babele (Gn 11), Dio ne non può più e divide le lingue, affinché l’umanità non si capisca. Ma non c’è niente da fare, per quanto Dio punisca l’uomo, questi continua imperterrito nella via del male.
Al capitolo 12 di Gn, Dio sembra fermarsi e ripensare il tutto: «se continuo così li distruggo, ma non li cambio – sembra dirsi – sarà meglio che cambi strategia». Ecco che chiama Abram, questo uomo giusto, e parla con lui, lo fa suo amico, e con lui instaura un rapporto nuovo con l’umanità tutta, che sarà cambiata dal di dentro e non più con le punizioni: vi darò un cuore nuovo! A me Dio pare una mamma che contro la cattiveria del figlio lo punisce, lo picchia, lo castiga, ma alla fine si dice: «se continuo così lo storpio e lo stronco, ma non lo cambio». Allora lo prende con le buone, gli parla, cerca di cambiarlo come appunto si dice dal di dentro, nel suo cuore, affinché torni ad essere buono e bravo. Così ha fatto Dio con l’umanità, ed è chiaro in questi primi capitoli di Genesi. Abramo così non è tanto un uomo qualsiasi, ma esso rappresenta tutta l’umanità, perché in lui Dio riapre il discorso col cuore umano. Perché in quel tempo? Dopo forse sarebbe stato troppo tardi…