Perché Dio ha creato l’uomo?
Perché Dio ha creato l’uomo? Mi è capitato di riflettere su questa domanda, e ho trovato sul Catechismo questa affermazione: «Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata». Cosa significa esattamente? E su cosa è basata questa verità di fede?
Ezio Paoletti
Non è facile dire quello che passa nella mente di Dio. Bisognerebbe sentire lui stesso. Che cosa ci ha trovato d’interessante nella creazione dell’umanità, dal momento che neppure è andato tutto per il verso giusto? La domanda del lettore però investe anche molto altro: gli angeli, le cose, gli spazi, il creato tutto… Perché Dio si è messo in un’impresa così enorme? Che cosa gliene viene? Che cosa lo ha spinto a tanto?
Ritengo che siano domande che rimarranno senza una risposta certa. Tra l’altro la creazione è una faccenda così «strana» e meravigliosa che dà adito a pensare che non sia possibile come tale, ma che la realtà sia quella che è, da sempre e senza Dio, senza esseri sacri, senza aver a che fare con altre presenze se non quelle che sono date a noi di vedere e sperimentare. In effetti nella filosofia antica un Dio che crei è impensato e impensabile, perché o dal Principio (Dio) emana il molteplice, e allora quello che noi vediamo in questo mondo è lo stesso Dio, come l’acqua del lavandino è la stessa acqua della sorgente; oppure quello che c’è, il mondo, è da sempre così com’è, e questo complica ancor più le cose, perché – razionalmente – non avrebbero una giustificazione. La creazione invece permetterebbe di spiegare tante cose, ma la difficoltà sta proprio in ciò che dice il lettore: è possibile che un Dio, anzi l’unico e assoluto Dio, abbia ideato e attuato una produzione così immane senza di per sé avere una necessità, un minimo bisogno, un senso specifico per creare?
Ma si può fare anche la domanda opposta: a noi creature che ce ne viene ad essere creati? Se non fossimo mai esistiti non è che potremmo lamentarci, dal momento che eravamo nulla e il nulla non si lamenta perché non esiste e basta. A che pro farci vivere per capirne poco anche il senso?
Veramente a pensare a fondo la creazione se ne rimane sbigottiti e sconcertati.
L’unica risposta che possiamo abbozzare a me pare sia quella di una analogia con la generazione umana: Dio sta alla creazione come una mamma sta al figlio. Perché una donna, o meglio perché i genitori, mettono al mondo un figlio? Le risposte sono infinite, ma se ci si pensa bene nessuna è stringente e necessaria. Di fatto non sappiamo perché si mettano al mondo figlioli, se non andiamo a descrivere come la cosa avvenga fisicamente. Che senso ha un figlio? La banalità alla quale abbiamo ridotto questo avvenimento non ci permette di valutare a fondo la domanda. Comunque sia nessuno saprebbe dire perché vuole un figlio. Adamo quando vide la donna partorire ne fu così meravigliato che disse: «Ti chiamerai Eva, perché sei la madre della vita». Donna vuol dire dunque: la madre, la sorgente, la fonte della vita. In questa logica perciò il figlio non è generato per un «fine o scopo» ma perché è vita, è essere, è esistenza che abita il cuore della madre. La madre nonostante sia diversa dal figlio tuttavia abita nel figlio e viceversa, e mai possiamo dissociarci dal seno di nostra madre perché da lei abbiamo esistenza. Quando una donna desidera un figlio è come se dentro di lei la vita prema e strabocchi, come quando una botte sempre più zeppa d’acqua si schianta, dire vita o dire donna è la stessa cosa e la vita non si trattiene perché è emanativa di se stessa.
Ecco Dio è addirittura la Vita per sé e, dal suo essere Trino, la Vita preme perché altre cose possano partecipare a questa esistenza e Dio, ricco di amore, fa partecipi dell’essere altro tipo di cose che, sebbene provengano dal nulla, tuttavia in quanto amate da Dio diventano degne di esistenza. L’amore «est diffusivum sui» – l’amore è diffusivo di se stesso – dicevano gli antichi e nella creazione Dio ama e pone nell’esistenza oggetti del suo amore al punto che, come nell’uomo, ci si stampa la sua immagine e somiglianza.
Dice San Paolo che la corporeità (sottolineo la corporeità) è capace di svelare pienamente (dico pienamente) la divinità (cf. Col 2,9). Pensi il lettore che enormità esplosiva d’essere è capace l’uomo: svela pienamente l’infinito Dio. Ora la corporeità è unica, dice S. Giovanni Paolo II, l’uomo cioè è un solo corpo sebbene sia dato in due modalità o persone: maschile e femminile. Perciò quando l’uomo e la donna procreano sono un unico essere, una sola carne, anzi sono la Vita piena e totale. In questo atto d’amore umano credo che possiamo vederci la risposta più profonda, sebbene analogica, al perché la creazione sia stata attuata.
Athos Turchi