Non basta la ragione per conoscere Dio: la fede fa appello alla libertà dell’uomo
Perché non a tutti è dato avere una certezza assoluta dell'esistenza di Dio? La risposta del teologo
Perché non a tutti è dato avere una certezza assoluta dell’esistenza di Dio? Non credo che tale certezza impedirebbe il libero arbitrio: Satana e i suoi angeli infatti erano certi della Sua esistenza e della propria, ma ciò non ha loro impedito la cattiva scelta.
Michele Floris
Risponde don Francesco Vermigli, docente di Teologia fondamentale
Il signor Michele Floris si domanda «perché non a tutti è dato avere una certezza assoluta dell’esistenza di Dio». Poi nota che questa certezza non «impedirebbe il libero arbitrio»; e porta il caso di Satana e dei suoi angeli. Mi pare che prima si debba rispondere alla domanda se possa esistere una conoscenza certa dell’esistenza di Dio; quindi, si dovrà mostrare come sia possibile che questa conoscenza certa non sia a discapito della libertà.
La tradizione teologica e il Magistero hanno dato – almeno in via teorica – una risposta positiva alla prima domanda; agganciando la questione alla conoscenza che di Dio si può avere dal creato. Se tradizione teologica e Magistero l’hanno fatto, è perché potevano trovare un facile appoggio in alcuni passi della Scrittura. Dal libro della Sapienza: «Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice […] Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,1.5). Dalla Lettera ai Romani: «poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti, le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,19-20). Si tratta di riferimenti biblici che ci conducono a dichiarare che agli uomini sia data la possibilità di conoscere Dio dalle cose da lui create.
Eppure, gli uomini non conoscono Dio con certezza in forza della ragione: è un dato di cui è facile fare esperienza. Ne è ben cosciente il Vaticano I, quando scrive che la rivelazione di Gesù rende possibile, ciò che sarebbe stato possibile se non ci fosse stato il peccato: «È grazie a questa divina rivelazione che tutti gli uomini possono, nella presente condizione del genere umano, conoscere facilmente, con assoluta certezza e senza alcun errore, ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione» (Dei Filius, cap. 2: Denzinger n. 3005). La presente condizione del genere umano (l’umanità sotto il peccato, che non le permette di vedere con occhi limpidi e puri i segni dell’esistenza di Dio nel creato) necessita di una purificazione e di un aiuto di grazia, per rendere possibile ciò che sarebbe stato facilmente conoscibile in forza delle sole facoltà razionali dell’uomo.
Ma andiamo avanti, perché il sig. Floris afferma che questa conoscenza certa non farebbe mancare spazio alla libertà: per sostenere la sua affermazione porta il caso di Satana e dei suoi angeli che hanno la conoscenza certa dell’esistenza di Dio, eppure l’hanno rifiutato. Mi pare sia un buon esempio. Incrociamo due brani – uno ancora dal libro della Sapienza e l’altro dal Lateranense IV – per provare a capire come questa conoscenza certa non sia bastata a garantire l’adesione piena a Dio da parte di Satana e dei suoi angeli. Dal libro della Sapienza: «Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono» (Sap 2,23-24). Dal Lateranense IV: «Il diavolo, infatti, e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi» (Firmiter credimus: Denzinger n. 800).
Cosa prendiamo da questi brani? Prendiamo che per invidia di Dio – di cui evidentemente si conosceva l’esistenza – e per libera volontà segnata dalla malvagità, il diavolo ha rifiutato Dio. Dunque, sembra che sia giusto dire che certezza conoscitiva circa l’esistenza di Dio e libertà di scelta possano coesistere.
Ma sono ora io a rivolgere una domanda ai nostri lettori: la fede è solo conoscenza certa di Dio? Scriviamo «solo» perché conoscere e non vivere secondo questa conoscenza (come accaduto al diavolo) non pare essere atteggiamento coerente con coloro che sono stati creati da Dio. Gesù, del resto, non è venuto innanzitutto a rivelare l’esistenza di Dio, ma a rivelare il vero volto di Dio: ci ha detto che Dio ci ama fino all’estremo (cf. Gv 3,16) e che Dio è in sé amore (cf. 1Gv 4,8.16).
L’essenza della fede, dunque, non è tanto la conoscenza intellettuale circa l’esistenza di Dio, ma una conoscenza vitale di un Dio che si è fatto carne e che mi vuole salvare; una conoscenza vitale che implica tutto l’uomo, non solo il suo intelletto: coinvolge la sua libertà, la volontà, le sue forze, le sue relazioni, la sua esistenza. Con le parole di Gesù vogliamo terminare: «io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Questa comunicazione di vita, questa comunicazione di salvezza fa appello alla volontà e alla libertà dell’uomo. Satana e i suoi angeli non hanno voluto accogliere questa dinamica di amore.