«Mia figlia convive: come posso convincerla a sposarsi in Chiesa?»
Mia figlia convive da alcuni anni, il suo fidanzato è una brava persona, si vogliono bene. Stanno pensando di sposarsi: li ho invitati a farlo in chiesa, sono credenti anche se non frequentano. Mia figlia mi ha risposto che nella loro situazione temono di non essere bene accolti, che si sentirebbero giudicati per una scelta di cui loro non sono pentiti. Cosa posso dirgli?
Lettera firmata
Oggi una grande percentuale delle coppie che chiedono di sposarsi in chiesa già convive da tempo ma la cosa non pare scatenare chi sa quali disagi né in loro né in chi li accoglie. Ammetto che in passato vi siano stati parroci portati a stigmatizzare con durezza chi si presentasse a chiedere il matrimonio in una simile situazione: non escludo che certi atteggiamenti in qualche caso possano ancora sussistere ma, anche in base alla mia esperienza, ritengo che normalmente oggi le coppie conviventi che vogliono sposarsi in chiesa non vengano rimproverate né tantomeno additate; sono bensì accolte dai parroci per iniziare un cammino di preparazione che prevede un discernimento sulle intenzioni dei fidanzati riguardo al sacramento del matrimonio e una serie d’incontri che ne illustrano il significato e le implicazioni nell’ambito della vita cristiana. Spesso agli incontri partecipano diverse coppie e la formazione si svolge in un clima di dialogo. Durante l’itinerario di preparazione sarebbe fuori luogo far pesare l’eventuale convivenza dei fidanzati, giudicandoli per una scelta che ormai appartiene al passato: la fede cristiana ci chiama a guardare avanti con fiducia, in questo caso al bene del matrimonio a cui si vuole addivenire.
Comunque, se una coppia è davvero convinta dell’importanza del sacramento del matrimonio ma ha convissuto perché non si sentiva pronta, sarà in grado di gestire anche l’eventuale imbarazzo di doversi confrontare con un parroco mal disposto.
Il problema è che dietro la scelta di rinunciare a sposarsi in chiesa possono esservi motivi più seri che il semplice imbarazzo, magari non dichiarati esplicitamente. Ad esempio una incomprensione dell’importanza per la vita cristiana dei sacramenti in genere e di quello del matrimonio in specie; oppure una seria difficoltà ad assumersi quegli impegni che il sacramento del matrimonio comporta, in particolare quello di una scelta definitiva, indissolubile, che non si ravvisa invece nel matrimonio civile.
Che cosa dire ai fidanzati in questione? Innanzitutto penso che sarebbe opportuno aiutarli a chiedersi qual è la vera ragione della loro difficoltà. Poi aiutarli a capire che cosa è veramente il sacramento del matrimonio e quali impegni comporta. È giusto che sappiano a che cosa si vincolano sposandosi, ma è ancora più giusto che sappiano che cosa si perdono rinunciando al sacramento. Perché l’amore umano, ancorché meraviglioso, non può bastare a se stesso: ha bisogno di essere sostenuto, rinnovato e compiuto dall’amore del Signore che “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5,25). Il sacramento del matrimonio ci viene donato proprio per questo.
È probabile chi ci ha scritto non si ritenga abbastanza competente per illustrare ai fidanzati che cos’è il matrimonio cristiano e per rispondere alle loro eventuali domande, ma potrebbe cominciare dalla propria esperienza di persona cristiana sposata, ripensando a come la grazia del Signore l’ha sostenuta nella capacità di amare, e provando a comunicare proprio questo. Forse, paradossalmente, si potrebbe cercare di persuaderli a fare proprio quello hanno detto di voler evitare, confrontarsi con un parroco disposto a parlagli del sacramento, per capire veramente che cosa vogliono scegliere e a che cosa intendono rinunciare. Magari potrebbero frequentare un corso di preparazione al matrimonio, senza impegno, anche nel confronto onesto con altre coppie. Sono convinto che nessuno li giudicherebbe.