Vorrei sapere se la natura umana integra della Santissima Madre di Dio, concepita senza peccato e pre-redenta in vista dell’Incarnazione, differisca in qualcosa rispetto alla natura umana integra posseduta da Adamo ed Eva antecedentemente al peccato originale, e quali caratteristiche abbiano le loro nature umane integre che le differenziano dalla natura umana segnata dal peccato originale.Michele Floris
Risponde don Francesco Vermigli, docente di Mariologia
La domanda è delicatissima e la risposta proverà ad andare con i piedi di piombo. Innanzitutto, prima di verificare il parallelo, appare necessario dire qualcosa sui due termini che vogliamo confrontare: stato originale e preservazione di Maria dal peccato.Quale la condizione dell’uomo prima del peccato? Come noto, i capitoli 2 e 3 della Genesi propongono un racconto che ha lo scopo di spiegare la condizione dell’uomo che vive nella storia. In altri termini, l’uomo fa esperienza del peccato (nella terminologia teologica classica: peccato originale originato) e la Scrittura risale alla radice di questa sua condizione (peccato originale originante). Ora, l’esperienza che l’uomo fa del peccato è quella di un’incapacità costitutiva all’amicizia con Dio e a ricevere la sua grazia. Dunque, si direbbe che – al netto di ulteriori specificazioni che sono state elaborate nel corso della storia della teologia – nella sua essenza la condizione edenica consiste nell’amicizia originaria con Dio e nell’alleanza che l’uomo aveva con Lui, perse con il peccato.Cosa significa invece la preservazione di Maria dal peccato? Nella definizione dogmatica del 1854 si dice che Maria è preservata da ogni macchia di colpa originaria (ab omni originalis culpae labe praeservatam immunem), in vista dei meriti di Cristo (intuitu meritorum Christi). La formula «da ogni macchia di colpa originaria» si deve intendere come la fede nella preservazione di Maria da ogni inclinazione al male; mentre le parole «in vista dei meriti di Cristo», come il riferimento al fatto che se Maria è preservata dal peccato, lo è in relazione alla missione salvifica del Figlio suo.Il parallelo tra Maria preservata dal peccato e la condizione edenica dell’uomo è legittimo, perché da questa condizione l’uomo è uscito a causa del peccato medesimo. Tuttavia vi possono essere due interpretazioni possibili, una delle quali pare assai preferibile. La prima è che la vita di Maria si ponga, per così dire, come l’azzeramento della condizione di peccato che contraddistingue la storia dell’umanità: Maria sarebbe la Nuova Eva in senso preciso, come colei che nella sua persona ristabilisce la condizione di Eva e che Eva aveva perso. La seconda, che pare preferibile, apre prospettive diverse. In questa interpretazione, Maria è la Nuova Eva, come Cristo è il Nuovo Adamo: cioè non precisamente come erano Adamo ed Eva. In questa prospettiva, Maria manifesta una condizione esistenziale che gode della novità della salvezza di Cristo, in un modo unico e non trasmissibile ad altro essere umano. La sua vita, cioè, non è solo esente dal peccato: la sua vita è una sola cosa con Cristo. Ora, la grazia, dopo il peccato, non può essere pensata se non in chiave cristologica. Dunque, sebbene la singolarità di Maria consista nella preservazione dal peccato, il fatto che la grazia pur singolarissima che riceve ha a che fare con la missione di Cristo, rende Maria più simile al nostro destino di chiamati alla «cristificazione», che alla condizione edenica dell’uomo.