Maria è stata assunta in cielo ancora viva, o dopo la morte? La risposta del teologo
Un lettore chiese se Maria è stata assunta in cielo ancora viva, o dopo la morte. Ecco cosa dice (e non dice) il dogma

Ricordo di un dibattito tra teologi riguardo al fatto se Maria sia stata assunta in Cielo viva o morta. Non capisco l’importanza di questa differenza. Potete aiutarmi a capire?
Risponde don Francesco Vermigli, docente di Teologia dogmatica
Rispondo alla domanda innanzitutto notando come la questione sollevata sia esondante rispetto alla definizione dogmatica sull’Assunzione di Maria. Del resto – si potrebbe facilmente dire – se si tratta di un dibattito ancora oggi aperto tra i teologi, è perché il tema non è definito nel dogma: se cioè Maria sia morta o meno al momento della sua Assunzione. È, proprio questa qui, la sapienza del dogma! Il dogma è sempre minimalista, definisce alcune cose precise, per le quali si ha urgenza di giungere a una chiarificazione; lasciando all’approfondimento successivo e alla libera ricerca teologica la comprensione di altri punti che il dogma non ha toccato, perché non interessato a farlo. Cosa dice dunque il dogma? La Costituzione apostolica Munificentissimus Deus promulgata l’1 novembre 1950 da papa Pio XII usa la formula «completato il corso della sua vita terrena» (nell’originale latino: expleto terrestris vitae cursu; Denzinger 3903) per definire come sia stata assunta Maria. Dire che «ha completato» il corso della sua vita terrena, vuol dire rimanere un passo indietro rispetto alla questione se l’Assunzione sia avvenuta con o senza la morte di Maria. La formula, infatti, può essere intesa in entrambi i modi. In altri termini, si può notare il silenzio di papa Pacelli sulla questione della morte di Maria, perché questione, come si è soliti dire, «di scuola»; cioè che è lasciata alla libera ricerca. Del resto, a ben vedere, è stato anche il modo più celere per uscire dall’impantanamento sulla definizione dogmatica, che si era e si sarebbe ancora appesantita intorno a una questione che non era il cuore del dogma. Il cuore del dogma è un altro; per questo dicevo sopra che il dogma è minimalista, mira all’essenziale. Il cuore del dogma è definire che Maria è stata assunta in corpo e anima non tanto in cielo, ma alla «gloria celeste» (ad caelestem gloriam assumptam); questo per evitare l’idea di uno spostamento spaziale (come potrebbe essere pensato se si dicesse «in cielo»…), mentre l’Assunzione di Maria è da intendersi più correttamente come un cambio di stato, poiché Maria è presa (ad-sumere appunto) da Dio per l’eternità. Questo è semplicemente quello che conta per il dogma: dichiarare che Maria è nella stessa condizione del Figlio Risorto, accanto a Lui per sempre. Ma, prima di concludere, vorrei rispondere più direttamente alla questione sollevata dal signor Massimo. Afferma infatti: «Ricordo di un dibattito tra teologi riguardo al fatto se Maria sia stata assunta in Cielo viva o morta. Non capisco l’importanza di questa differenza». Ora, questa discussione era ciò che aveva maggiormente rallentato la definizione dogmatica nel corso degli anni ‘40. Per giungere a questa definizione, come detto, si mostrò che non era questa la cosa importante: piuttosto la cosa da sottolineare e da definire dogmaticamente era la condizione escatologica di Maria in corpo e anima; condizione che la rendeva simile a Gesù Risorto. Ricordo i nomi dei più grandi mariologi precedenti al Concilio Jugie e Balic che in due loro opere scritte rispettivamente nel 1944 e nel 1948 dichiarano all’opposto l’immortalità di Maria (Jugie) oppure che per Maria si devono pensare invece insieme morte, risurrezione e glorificazione (Balic). Dove sta il problema? Che differenza c’è se Maria è oppure non è morta (parafrasando il signor Massimo)? La linea che dichiara che Maria sia stata assunta senza morire, si lega più direttamente alla tradizione orientale della dormitio; tradizione che in generale sembra si debba intendere non tanto come assenza di morte tout court, ma come trapasso preservato dalla sofferenza e dal dolore che rientrano nella morte umana, per come la conosciamo nella nostra realtà ferita dal peccato. L’obiezione a questa impostazione consiste fondamentalmente sul punto che – se davvero Maria fosse stata assunta alla gloria celeste senza morire o almeno senza morire nelle condizioni della natura ferita dal peccato – essa non avrebbe sperimentato quella cosa che neanche per Gesù è stata esclusa. Come direbbe la Lettera agli Ebrei, conscia della drammaticità della morte di Cristo: «egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (Eb 5,7). Venne esaudito d’essere salvato non dalla morte (com’è evidente dai Vangeli), ma dalla paura della morte. Ora, ci si chiede, Maria non sarebbe più di Gesù, Lui che ha conosciuto la morte e la sofferenza più atroce che conduce alla morte? Come ho detto fin dall’inizio, il dogma è minimale, punta all’essenziale, si concentra su ciò che è urgente definire. La questione della morte di Maria non rientra nell’essenza del dogma; anzi, come detto, il silenzio su di essa è stata la mossa che ha anche accelerato la stessa definizione. Non è però da escludere che in futuro il dogma possa trattare anche di questa questione, al momento ai margini. Se dovesse accadere, potrebbe essere che accada perché lo richiede una riflessione più approfondita sulla morte di Gesù. Cioè, per come si è sviluppata la discussione fino ad oggi, potremmo ipotizzare che un giorno si arrivi a trattare dogmaticamente della morte di Maria (tanto in senso affermativo, quanto in senso negativo), solo e soltanto come riverbero della morte di Gesù. Intanto, parafrasando Dante, stiamo contenti, umana gente, al quia del dogma mariano dell’Assunzione.