L’uomo e il male, tra libertà e misericordia
Alla fine della Messa del 1° novembre il parroco ci ha comunicato che per usufruire dell’indulgenza plenaria per i nostri cari defunti, bisognava confessarsi e ricevere la comunione così i nostri cari defunti ottenevano l’indulgenza plenaria e cioè le pene per i loro peccati venivano cancellate e quindi tutti in paradiso. Una volta l’anno il purgatorio e l’inferno si svuotano. Ma è proprio vero?L’uomo non è libero di scegliere tra bene e male?Altrimenti la libertà dell’uomo è un’invenzione. L’uomo può fare quello che vuole, poi la misericordia infinita di Dio ripiana tutto.
Sartre ritiene che se l’uomo è un «per sé», cioè è «assoluto», e tale per sé è libertà, l’uomo è una passione inutile, che porta all’assurdo. Sartre si rende conto che se la libertà in quanto tale costituisse l’essenza umana, l’uomo sarebbe un’assurda passione inutile. La libertà è una qualità dell’essere umano non la sua essenza. La natura umana sta alla libertà come la massa muscolare sta al sollevamento del peso. Per cui è dell’uomo esser capace di libertà, ma questa perché passi all’atto va esercitata, come un corpo per quanto muscoloso sia se non alza un peso non esercita la sua forza potenziale.
La libertà si esercita nell’atto di scegliere su più possibilità che si presentano. Le possibilità possono essere indeterminate e tra loro contrarie. Qui interessano i due generi supremi: il bene e il male. Perché l’uomo non può scegliere il male, ma solo il bene? La domanda sembra bizzarra ma cerchiamone una spiegazione.
Se l’uomo potesse scegliere liberamente sia il male che il bene i due termini sarebbero identici, perché non avrebbero una valenza: se potessi fare indifferentemente, a mio arbitrio, sia l’elemosina sia un assassinio, bene e male sarebbero equivalenti rispetto a me, e non avrebbero una «oggettività». Sarei cioè arbitro assoluto delle mie azioni.
Dunque per risolvere il problema ho bisogno di un altro parametro, e per stabilire perché il male non si può fare è necessario fondare il male come diverso del bene. Infatti il bene è considerato il dato normale: ogni uomo che agisce lo fa in vista del meglio e dell’ottimo per se stesso, e questo si dice bene. Ora il male è tutto quanto attenta a quel bene, per cui se uno fosse libero di scegliere e l’uno e l’altro, anche vivere o morire avrebbero lo stesso valore. Il che non è vero. Dunque il male è da evitare in ragione della spinta naturale dell’uomo che ricerca istintivamente la vita e non la morte. Tuttavia perché il male si possa in qualche modo determinare è necessaria la coscienza di esso. Un animale infatti sente il dolore, soffre, ma non «sa» del male, il male infatti suppone la conoscenza del non-essere sia come privazione sia come ciò che non deve essere. Ma il negativo non è sperimentabile come tale e presume uns coscienza di esso, che solo l’uomo ha.
Il male, quindi, non è solo privazione di un bene dovuto, per esempio la mancanza della vista, ma è consapevolezza di ciò che non deve essere e del proibito, e questi si fanno presenti nella mente dell’uomo quando si appresta alla manipolazione delle cose. La manipolazione è alterazione dei dati sia secondo un loro senso, ma anche secondo aspetti contrari, per es. la medicina manipola l’uomo per il suo bene, ma si potrebbe manipolare anche per la sua morte. Da qui si deduce che il male è il portare dentro la cerchia degli enti un «tipo d’essere», il male appunto, che è una realtà che il mondo degli enti, come ci è stato consegnato, non tollera, non supporta, non gli appartiene, come per es. l’omicidio. Dunque questo tipo di essere che l’uomo può sia pensare che attuare, è per il mondo nel quale l’uomo vive una realtà che non è ammissibile. La coscienza umana che spazia nel campo del non-essere, ove abita anche il proibito in quanto manipolazione indebita delle cose, permette all’uomo per la sua libertà di fare azioni proibite, ma questo è esattamente il male che è l’essere che non va d’accordo con gli enti del mondo. Il male, infine, come manipolazione indebita dell’essere, disvela la grandezza dell’uomo che può fare altrimenti dell’essere datogli, ma nello stesso tempo è anche la sua umiliazione e ignominia, perché non sa stare liberamente e responsabilmente nello spazio del bene affidatogli.
Un Dio, poi, che ripianasse tutto alla fine, avrebbe creato un capriccioso giocattolo, e l’uomo sarebbe un irresponsabile monello, aumentando a dismisura i mali già enormi che riesce a fare in questo modo. Non so quanto ne guadagni l’immagine dell’uomo.