Libri «segreti» sulla vita di Gesù? Una leggenda
Ho sentito parlare del «Vangelo esseno della pace» che parla dell’opera che riguarda il ministero della guarigione di Gesù e il cui manoscritto, antico di ben venti secoli, in versione originale in lingua aramaica, è custodito nella Biblioteca Apostolica del Vaticano. È possibile sapere di cosa si tratta, qual è il pensiero della Chiesa e come posso approfondire l’argomento?
Patrizia Molesti
Fa parte di una leggenda diffusa in vari ambienti, che non tutti gli insegnamenti di Gesù siano stati consegnati alla conoscenza comune, presupponendo che ci sia qualcosa d’altro, e di profondamente diverso, rispetto ai libri dei Vangeli, degli Atti, delle lettere di Paolo e degli Apostoli, e dell’Apocalisse. Queste leggende, che si incrociano con altre successive, sono anche alla base del successo di best seller come il controverso «Codice da Vinci».
La comunità essenica nacque, invece, verso il 150 a.C., dal «maestro di giustizia» (il nome è sconosciuto), che richiamò i suoi discepoli a un rigoroso adempimento della legge, in vista dell’attesa fine del mondo. Egli raccolse degli adepti con i quali si ritirò nel deserto e fondò una comunità dai tratti escatologici, che durò fino al 70 d.C. Nel dualismo tra luce e tenebre, gli esseni, come figli della luce, stanno dalla parte di Dio il quale, dopo la distruzione del male nell’incendio dei mondi, farà scaturire un mondo nuovo. Al tempo di Gesù c’erano più di 4000 Esseni.
La più famosa delle numerose sedi della setta divenne la «comunità monastica» di Qumran, località situata nel deserto della Giudea, vicino al Mar Morto. Nel 1947, vuole così la tradizione, un pastore beduino, andato alla ricerca della sua pecora, che si era allontanata dal gregge, ritrovò una grotta in cui, all’interno di alcune giare, sigillate prima della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.), quando il luogo venne abbandonato in fretta, erano conservati dei rotoli di pergamena. Diventati famosi come i «rotoli del Mar Morto», erano il frutto prezioso degli Esseni di Qumran: contenevano infatti oltre a praticamente tutti i libri dell’Antico Testamento ebraico (con pochissime eccezioni), i testi in lingua ebraica della stessa comunità.
Delle 11 grotte che custodivano effettivamente materiale, solo la prima e l’ultima avevano materiale relativamente intatto, compreso il celebre rotolo di Isaia (1 grotta). Invece, nella grotta 7 furono trovati 18 frammenti, e in particolare il frammento 5, scoperto nel 1955: questo testo, seppure molto lacunoso, oltre trent’anni fa venne identificato, non senza molte discussioni, con un frammento in greco del Vangelo di Marco. La particolarità più grande di quel ritrovamento, è che mentre in tutte le altre grotte i reperti trovati sono in pergamena ed in lingua ebraica (o aramaica), nella settima grotta abbiamo esclusivamente la lingua greca ed il papiro. Altri tre frammenti in greco, grandi come francobolli, più tardi sarebbero identificati come appartenenti al Vangelo di Matteo.
La gran parte degli studiosi non ritiene si tratti di frammenti dei Vangeli nel testo in nostro possesso, non essendo a quel tempo ancora conclusa la loro formazione. Potrebbe invece trattarsi di alcuni «promemoria» della predicazione, di appunti di predicatori cristiani, che non avevano seguito Gesù durante il suo ministero pubblico e avevano necessità di fissare il suo insegnamento.
Ancora una volta non un insegnamento esoterico, ma la traccia del faticoso formarsi della tradizione cristiana, che non ha bisogno in alcun modo di essere completata da nessun altro testo, in quanto, come dice il Concilio Vaticano II, i Vangeli «sono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro salvatore» (Dei Verbum 18). Essi «trasmettono fedelmente quanto Gesù figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui fu assunto in cielo» (Dei Verbum 19).