Le opere di carità non rischiano di favorire chi vive di espedienti?
La Chiesa si dà molto da fare per aiutare i poveri, i «senza fissa dimora» come si dice oggi. Un’azione altamente meritoria, soprattutto in quest’epoca di crisi economica. Quando passo davanti a certe strutture (mense, case di accoglienza) però non posso fare a meno di pensare una cosa. Il fatto stesso di poter contare su questo tipo di assistenza, forse, induce alcuni di loro ad adagiarsi nella loro condizione. Ho l’impressione che insieme a tante persone che si trovano in condizione di bisogno contro la loro volontà e magari (mi auguro per loro) in modo temporaneo, ci sia anche qualcuno che vive di espedienti, sapendo di poter sempre contare su queste forme di carità. Che ne pensa?
Vincenzo Boschi
In tale contesto tuttavia, pur focalizzando e criticando gli abusi di comportamenti e mentalità assistenzialistiche, si metteva anche in guardia dalla mentalità liberale la quale, obbedendo ad una logica individualistica, risolve il problema dell’assistenzialismo operando tagli alle spese sociali in maniera indiscriminata, abbandonando di fatto a se stesse le fasce sociali meno abbienti con il conseguente venire meno della fondamentale funzione di promozione del bene comune e di tutela dei diritti inalienabili della persona. Per questo si invitava a ripensare lo Stato sociale alla luce dei valori inerenti la persona al fine di non legittimare una prassi che tradisse il valore insopprimibile della persona (Centesimus Annus 47; CEI, Stato sociale ed educazione alla socialità, 1994, 20).
Questo per dire che la Chiesa è ben consapevole della complessità di ogni iniziativa caritativa. Tuttavia nel riflettere adeguatamente su come strutturare la vita sociale sui principi di solidarietà e di sussidiarietà, la Chiesa è altrettanto consapevole che l’esercizio della carità è inserito in un orizzonte ulteriore. Sempre Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus ricordava che: «Nessun uomo deve considerarsi estraneo o indifferente alla sorte di un altro membro della famiglia umana. Nessun uomo può affermare di non essere responsabile della sorte del proprio fratello» (Centesimus Annus 51).
In fin dei conti la carità esercitata nei confronti anche di chi vive di espedienti, è sempre una testimonianza della sovrabbondante misericordia di Dio Padre verso il peccatore, unica chiave per accedere al cuore dell’uomo. È proprio quanto il Signore Gesù è venuto a rivelarci, invitandoci ad imitarlo per essere perfetti come è perfetto il Padre nostro celeste (Mt 5,48).