Le coppie non sposate possono partecipare alla vita parrocchiale?
Come si pone oggi la Chiesa di fronte a coppie che convivono senza essere sposate (pur non escludendo la possibilità di farlo)? Possono essere ammesse ai sacramenti, fare la comunione, confessarsi, frequentare le attività parrocchiali? Possono essere animatori o insegnanti di religione?
Lettera firmata
Risponde don Claudio Baldini, docente di Teologia morale
La convivenza rappresenta uno stato di vita sempre più comune nella nostra società. Negli ultimi decenni si è modificato rapidamente il modo con cui le persone vivono la propria affettività e sessualità. Un certo filone culturale oggi assai diffuso, che enfatizza la dimensione della provvisorietà e la gratificazione personale del soggetto, ha influito fortemente sulla visione odierna dell’istituto del matrimonio, al punto che molte persone, compresi alcuni battezzati, non lo ritengono più necessario. Tuttavia, come afferma il Direttorio di pastorale familiare del 1993, le convivenze «sono in contrasto con il senso profondo dell’amore coniugale: esso, oltre a non essere mai sperimentazione e a comportare sempre il dono totale di sé all’altro, richiede per sua intima natura un riconoscimento e una legittimazione sociale e, per i cristiani, anche ecclesiale».
Per quanto riguarda le domande sollevate dal lettore, possiamo dire con certezza che le coppie conviventi, pur vivendo una condizione non corrispondente all’ideale evangelico, sono incoraggiate a partecipare alle attività parrocchiali. Vale anche per loro l’indicazione che Giovanni Paolo II nel documento Familiaris consortio del 1981 rivolgeva ai divorziati risposati: «siano invitati ad ascoltare la parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio».
Nel documento Amoris laetitia, papa Francesco ribadisce la necessità di distinguere le diverse situazioni vissute dalle coppie. È bene comprendere le motivazioni a monte della scelta di convivere anziché sposarsi: possono esserci ragioni economiche, culturali, povertà, ignoranza, immaturità psicologica e altri fattori che non consentono alle persone di investire la vita nella bellissima ma esigente via del matrimonio. In alcuni casi purtroppo, si può trattare addirittura di disprezzo del sacramento. Come può facilmente comprendere il lettore, è diverso il caso di chi non si può sposare perché non ha lavoro dalla situazione di chi invece, pur avendone le possibilità, non vuole assumersi la responsabilità di un impegno per la vita. In questa prospettiva eterogenea, il Papa invita i pastori a cercare e valorizzare nei contesti di convivenza quegli elementi che, anche se solo parzialmente, riflettono l’amore di Dio. La sfida posta da queste situazioni di vita, se affrontata in maniera costruttiva, può tramutarsi in una «opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza» (cf. Amoris laetitia, n. 294). I giovani cristiani necessitano di essere sostenuti fin dalla loro giovinezza nel loro cammino di maturazione affettiva, che dovrebbe procedere pari passo al percorso umano e di fede. In alcuni casi sarà utile supportare le coppie di fidanzati ribadendo loro che non è necessario sottostare alle consuetudini sociali, come ad esempio quella che impone una festa di matrimonio molto costosa, che non tutti possono permettersi. Ciò che conta è ben altro, il dono di Dio, il desiderio di difendere dalle insidie dell’egoismo una relazione di coppia che si vuole feconda e indissolubile.
Il fatto che alcune coppie conviventi, sebbene cristiane, escludano di proposito il matrimonio, fa pensare che manchi loro una sintonia intima con il sentire della chiesa: un credente, rifiutando il valore del matrimonio come dono di grazia, di fatto si pone esso stesso in un contesto di non piena comunione con la Chiesa, fatto che rende problematico l’accesso ai sacramenti, compresi quelli della penitenza e dell’eucaristia. Tali tipologie di persone hanno evidentemente bisogno di essere rievangelizzate.
Vi sono alcune circostanze del tutto particolari, contemplate in Amoris laetitia, in cui la coppia non può sposarsi, tuttavia non può nemmeno interrompere la convivenza a causa della cura dovuta ai figli nati all’interno della relazione oppure per altri gravi motivi. Interpretando analogicamente quanto vale per i divorziati risposati, è bene proporre la via della castità: i membri della coppia, astenendosi da quegli atti che sono propri dei coniugi, possono accostarsi ai sacramenti. Prima del 2016 in questi casi la ricezione dei sacramenti poteva avvenire solamente in una comunità parrocchiale in cui la coppia non era conosciuta per evitare di trasmettere messaggi sbagliati ai fedeli presenti. Oggigiorno alcuni vescovi, nell’intento di recepire i dettami del documento papale sulla famiglia, non escludono che in alcune particolari circostanze la ricezione dei sacramenti possa avvenire anche nella propria comunità di appartenenza, se questa è in grado di operare una chiara distinzione tra la situazione di convivenza per come appare oggettivamente dall’esterno e l’impegno soggettivo di vita casta portato avanti dalla coppia.
In alcuni casi, a detta di alcuni vescovi italiani, le coppie che intraprendono un cammino serio di discernimento volto a raggiungere l’ideale evangelico possono essere investite di alcuni ministeri ecclesiali, quali il padrino/madrina, il lettore, il catechista, il membro del consiglio pastorale. Nessuno dei vescovi che hanno prodotto delle linee guida per attuare Amoris laetitia menziona tuttavia l’insegnamento della religione cattolica tra gli incarichi che possono essere affidati ai membri di una coppia non sposata in chiesa, siano essi conviventi, sposati in comune oppure divorziati e risposati.
Per una risposta comune alle domande che tanti si pongono su questi delicati argomenti, attendiamo a breve la pubblicazione del nuovo Direttorio di pastorale familiare italiano, dove i pastori della nostra penisola recepiranno autorevolmente le migliori proposte attuative di Amoris laetitia portate avanti in questi anni nelle singole diocesi e regioni.