L’Antico Testamento annuncia la venuta di Gesù?
Spesso si cercano nell’Antico Testamento anticipazioni della venuta di Gesù. Eppure, non è affatto vero che Mosè parli di Cristo, cioé del Logos. In tutto il Pentateuco (La Torah ebraica) non c’è alcun accenno a questo evento futuro. Mosè annuncia l’avvento di «un profeta pari a me» ma non di qualcuno superiore o, addirittura, del Figlio di Dio. Le parole di Mosè possono dirsi compiute se riferite a Davide (re e profeta) o a Isaia. L’altro luogo forte della testimonianza sul Figlio di Dio sono i capitoli 40-55 di Isaia, nei quali è disegnata la figura del Servo di Jahvè, Ma il Servo di Jahvè secondo la tradizione ebraica è chiaramente la comunità, il popolo di Israele personificato, ricostituito davanti a Jahvè e in questo modo «luce per le nazioni».
L’impressione generale è quella di una discontinuità tra Antico e Nuovo Testamento; perché dunque la fede cristiana si è impossessata di un documento (l’Antico Testamento, essenza e storia di Israele) che non le appartiene? Qualcuno più titolato di un semplice sacerdote saprà rispondere. Saluti e complimenti per il giornale.
Don Antonio Greco
Per capire il nuovo testamento non possiamo ignorare l’antico; anzi senza una conoscenza della bibbia ebraica, come potremo capire per esempio la persona di Gesù che viene presentata sempre a partire da categorie veterotestamentarie.
Per esempio la storia di Mosè ci aiuta a capire meglio il Signore Gesù. Mosè è il legislatore, sacerdote, uomo dell’alleanza, profeta. Ma il vangelo quali di questi riferimenti prende per la vita di Gesù? Certamente il Cristo è colui che porta a compimento la legge, è sacerdote, anche se non alla maniera umana.
Egli infatti è della stirpe di giuda, dunque non sacerdote secondo le leggi ebraiche. È sacerdote alla maniera di Melchisedek, cioè di un nuovo ordine. È colui che realizza l’alleanza. Ma ci sono altre caratteristiche che possiamo prendere dalla vita di Mosè e riferirle non solo a Cristo, ma a ogni suo discepolo. Un testo degli atti degli Apostoli, e precisamente Atti 7,20-43, individua tre tappe della vita di Mosè, una storia in tre periodi, che sarà ripresa anche nella memoria storica di Israele che è la tradizione rabbinica.
La citazione a cui faccio riferimento è presa da un midrash a proposito di Deut. 34, 7. Questo passo dice che Mosè aveva circa 120 anni quando morì, e il commento è il seguente: «Egli fu uno dei quattro che vissero 120 anni. Essi sono: Hillel l’anziano, Rabban Johnatan Ben Zakai e Rabbi Akiba». Il quarto è Mosè. Poi il testo rabbinico continua: «Mosè passò 40 anni in Egitto, passò 40 anni in Madian e servì Israele per 40 anni. Hillel l’anziano venne da Babilonia all’età di 40 anni, serv1 i saggi per 40 anni e serv1 Israele per 40 anni. Rabban Johnatan Ben Zakai si occupò di affari di questo mondo per 40 anni, servì i saggi per 40 anni e servì Israele per 40 anni. Rabbi Akiba cominciò a imparare la Torah all’età di 40 anni, servì i saggi per 40 anni e servì Israele per 40 anni».
Anche Stefano negli atti cerca di sintetizzare la vita di Mosè dividendola in tre grandi periodi, di quarant’anni ciascuno. . 23: «Quando furono compiuti 40 anni, salì nel suo cuore l’idea di visitare i fratelli, che erano i figli di Israele». Poi al v. 30 dice: «Compiuti altri 40 anni, gli apparve nel deserto del Sinai un angelo in fiamma di fuoco». Ecco quindi i tre periodi di Mosè: nei primi 40 anni Mosè sta alla scuola del faraone; nel secondo periodo di 40 anni Mosè decide di visitare i fratelli e fugge nel deserto; il terzo periodo di 40 anni comincia con il roveto ardente e va fino alla fine della sua vita.
Questo è il quadro complessivo della vita di Mosè: d’altronde, come abbiamo visto, anche il detto rabbinico insiste su questo stesso schema, riferito anche ad altri grandi uomini d’Israele. È un esempio di come il nuovo testamento attualizza testi dell’antico testamento, trovando dei riferimenti anche per la vita del discepolo che si imbatte in situazioni di provvidenza, ma fa i conti con i suoi limiti umani, con i propri fallimenti e ritrova nel Signore che si manifesta non in un monte elevato, ma nell’ascolto della parola la strada per portare ai fratelli un messaggio di speranza.
Mosè nei primi anni è oggetto di una particolare provvidenza da parte di Dio è in pericolo di vita, doveva essere ucciso, sarebbe stato travolto dalle acque del fiume,e invece viene salvato. Il testo di Matteo ci parla della nascita di Gesù che come nuovo Mosè viene salvato dalla crudeltà di Erode, deve fuggire in Egitto, «dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Mt 2,15
Mosè è l’uomo che passa il mar Rosso. Cristo passa da questo mondo al padre, realizzando l’antico esodo, portando l’umanità dal servizio che genera schiavitù, ad un servizio che genera libertà e che è il culto in spirito e verità. Per Paolo significa «offrire se stessi come sacrificio vivente e santo e gradito a Dio» (Rm 12). Si tratta di un esempio del modo in cui l’antico testamento viene attualizzato, in riferimento a Cristo e ai discepoli di ogni tempo.
don Francesco Carensi