La Messa domenicale può essere «recuperata» durante la settimana?
So che la Messa domenicale è il fulcro della vita cristiana. Ma se, per un valido motivo, non si può partecipare, ha senso sostituirla partecipando alla Messa in un giorno feriale? Non parlo della Messa prefestiva del sabato ma di andare alla Messa, ad esempio, il venerdì o il lunedì.
Enzo Gasperini
Di notevole interesse e da considerare attentamente il tema proposto dal nostro lettore, perché ancora una volta richiama l’attenzione sulla «domenica» e il suo significato per la comunità dei credenti nell’attuale situazione sociale.
La Chiesa latina ha voluto un precetto per l’Eucaristia domenicale, consapevole della liberazione portata da Cristo e per offrire l’esistenza come offerta di se stessi a Dio. Così ricordava papa Benedetto XVI nell’esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis (n. 72). E continuava affermando che l’obbligo domenicale è «fonte di libertà autentica, per poter vivere ogni altro giorno secondo quanto hanno celebrato nel “giorno del Signore”» (n. 73). Nello stesso numero, facendo riferimento alla Dies Domini di san Giovanni Paolo II, ricordava i significati essenziali della domenica.
Nessun documento magisteriale prospetta la possibilità di poter per «giusta causa» sostituire la celebrazione domenicale con una partecipazione ad una celebrazione eucaristica durante la settimana. Questo convaliderebbe il principio di alcuni teologi della liturgia, tra l’altro in questa accezione mai scritto, che «la domenica esige l’Eucaristia, ma l’Eucaristia fa la domenica».
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica non si fa presente questa eccezione. Al n. 1281 si legge: «L’Eucaristia domenicale fonda e conferma tutto l’agire cristiano. Per questo i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio, la malattia, la cura dei lattanti) o ne siano dispensati dal loro parroco. Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave».
Ancora al n. 2185 si ritorna sul problema: «Le necessità familiari o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di fronte al precetto del riposo domenicale. I fedeli vigileranno affinché legittime giustificazioni non creino abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute».
Al n. 1287 il CCC continua: «Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc.) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc.) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà… Nonostante le rigide esigenze dell’economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti».
Se il n. 2181 si riferisce a dati tradizionali, il 2185 e il 2187 focalizzano l’attenzione sul riposo festivo, altro aspetto fondante della domenica assieme all’Eucaristia, perché ambedue contemplati dalla Parola di Dio.
Dall’esplicito silenzio dei testi si evince che in nessun caso il cristiano è libero di poter scegliere lui stesso un giorno della settimana per soddisfare il precetto, anche se per giusta causa non ha celebrato la domenica. E si ribadisce sempre che il non partecipare non deve divenire un costume.
Lamberto Crociani