Dopo l’entrata in vigore del nuovo Messale, l’assemblea dei fedeli nelle nostre parrocchie si è oramai abituata a recitare il Padre Nostro con la variazione di alcune parole, senza aver subito particolari «traumi». Personalmente vedo più refrattari alcuni sacerdoti a sostituire la recita del «Signore pietà» con il «Kyrie eleison», come richiesto dalla nuova versione del Messale. L’uso del termine greco, se non erro, è stato motivato dalla difficoltà di tradurre in italiano il vero significato del verbo greco eleew. Concordo che tradurre da un’altra lingua è sempre tradire. Avendo insegnato greco per tantissimi anni, comprendo la scelta, ma la comprendo da addetta ai lavori. Il popolo ripete per lo più meccanicamente. Non so quanti sacerdoti hanno spiegato il senso e il perché del recitare il Kyrie eleison, alcuni hanno preferito tornare al «Signore pietà», oppure non dicono né l’una né l’altra formula. Chiedo un parere su quanto esposto.Lidia De CaroRisponde don Roberto Gulino, docente di LiturgiaA quasi due anni di distanza dall’introduzione della nuova traduzione italiana del Messale – in Toscana, come in altre regioni, è stata recepita fin dalla prima domenica di Avvento del 2020, divenendo poi obbligatoria per tutta l’Italia dalla Pasqua successiva, il 4 aprile 2021 – concordo con la nostra lettrice nel constatare come certe piccole novità siano ormai entrate nella quasi normalità delle nostre celebrazioni eucaristiche (penso alle variazioni apportate al Gloria, al Padre nostro e all’Agnello di Dio, o all’introduzione del linguaggio inclusivo «fratelli e sorelle» nella formula del «Confesso a Dio onnipotente…») mentre altre richiedano ancora un po’ di attenzione, come ad esempio: riscoprire l’importanza del canto, e del cantare maggiormente durante la celebrazione – nella nuova traduzione del Messale la notazione musicale è affiancata ai testi in modo da suggerire al sacerdote che presiede il canto al posto della semplice recita; il mettersi in piedi di tutta l’assemblea dopo la presentazione dei doni mentre il sacerdote recita le parole «Pregate fratelli e sorelle perché…», prima della preghiera sulle offerte; oppure, come veniva segnalato, l’invito a preferire la formula greca «Kyrie eleison / Christe eleison / Kyrie eleison» al posto della traduzione italiana «Signore pietà / Cristo pietà / Signore pietà» durante la recita dell’Atto penitenziale.Proprio riguardo a questa ultima novità, come veniva ricordato, la motivazione che ha portato i vescovi italiani a inserire nel Messale come prima proposta la versione greca «Kyrie eleison / Christe eleison / Kyrie eleison» rispetto a quella italiana, rimasta come seconda scelta, si trova proprio nel significato originario del termine greco «eleison» che esprime una realtà molto più ricca e profonda della parola italiana «pietà», che peraltro può avere nella sua accezione comune anche una valenza negativa (per esempio quando viene usata in espressioni simili a: «Mi fai pietà»).Il vocabolo greco «eleison» porta in sè un condensato di sfumature che potremmo sintetizzare con i concetti: amami teneramente, risanami, perdonami, rialzami, portami in braccio…La studiosa Emmanuela Zurli, docente della Pontificia Università Gregoriana a Roma, in un suo articolo («Kyrie eleison. L’invocazione biblica a Dio, che ci ama come una madre» pubblicato all’interno della rivista Rassegna di Teologia, n. 51, del 2010, pagg. 215-232) sostiene che, considerando il significato e il contesto originari dell’invocazione, l’espressione di origine biblica «Kyrie eleison» richiama fortemente l’amore «materno» di Dio, quello viscerale, totale, assoluto e immotivato – come quello di una madre che non può non amare suo figlio, che ha portato in grembo e che ha partorito, che ha allattato, cambiato, curato, cresciuto… anche se suo figlio ha sbagliato o continua a sbagliare – e non ha a che fare direttamente con una richiesta di perdono dei peccati.Infatti il verbo greco utilizzato nell’invocazione «eleison» è traduzione del termine ebraico con cui nell’Antico Testamento veniva descritta la componente materna dell’amore di Dio: «eléeo» traduce l’ebraico «rhm», che viene usualmente reso con «provare misericordia, sentire pietà, provare tenerezza, commuoversi profondamente e interiormente, amare teneramente…».Quasi tutte le volte che «eleison» appare nei Vangeli è stato tradotto con il verbo latino «misereri» che purtroppo non ha riferimento all’amore materno di Dio e mette l’accento su una colpevolezza dell’uomo a cui, di conseguenza, è legato il perdono del Signore, ma è un po’ diverso dal senso originario del termine greco.La Zurli suggerisce di tradurre l’invocazione in questione «Signore, amami teneramente», ma più avanti dice anche, come tanti altri studiosi: «Appurata la mancanza, nelle lingue moderne, di un termine unico che renda sia la componente materna sia il profondo coinvolgimento contenuti nell’espressione originaria, una soluzione è forse lasciare l’invocazione, consapevoli del suo significato più autentico, nella lingua nella quale la tradizione cristiana l’ha tramandata per quasi duemila anni, il greco».Su questo argomento, come su tutte le altre motiviazioni che hanno portato alle nuove scelte riportate nel Messale, tanto è stato fatto soprattutto nei primi mesi che hanno seguito la pubblicazione della nuova traduzione italiana, in termini di formazione e di spiegazioni di queste novità, ma molto rimane ancora da fare.Sarebbe bello e utile se ci potesse essere qualche ulteriore occasione di formazione liturgica, sia con degli appositi incontri parrocchiali o vicariali, sia con brevi spiegazioni all’interno della stessa celebrazione da parte di chi presiede, anche perché ricordo che in ognuna delle tre possiblità che il Messale ci offre per compiere l’Atto penitenziale (Confesso a Dio onnipotente…; Pietà di noi Signore. Contro di te abbiam peccato…; Signore che ci chiami…) è prevista sempre e comunque l’epressione «Kyrie/Christe/Kyrie eleison» o «Signore/Cristo/Signore pietà», a testimonianza di quanto sia profondamente importante affidarsi all’immenso amore misericordioso del Signore tutte le volte che ci ritroviamo per l’eucaristia.Ci auguriamo che anche la domanda della nostra lettrice e queste poche righe possano essere di aiuto nel prendere coscienza di quanta ricchezza è nascosta dietro ogni scelta fatta nella redazione del Messale e ci permettano ci celebrare il mistero pasquale del Signore con una partecipazione sempre più piena, attiva, consapevole, pia e fruttuosa.