Gesù e i suoi discepoli ricevevano offerte? Mi pare di aver letto che era Giuda a fare da «cassiere» tenendo la borsa in cui il denaro veniva raccolto. Come venivano usati quei soldi? Venivano anche dati ai poveri?Alessandro LastrucciRisponde don Francesco Carensi, docente di Sacra ScitturaPer rispondere alla domanda che il lettore pone, ci riferiamo prima al capitolo 12 del Vangelo di Giovanni. C’è un gesto compiuto da Maria di Betania che cosparge i piedi di Gesù con un olio molto prezioso e costoso. Questo suscita la reazione di Giuda che rimprovera la donna per questo spreco di denaro, che secondo l’apostolo poteva essere usato per i poveri e non per un profumo preziosissimo sprecato in maniera così irragionevole.A Giuda in realtà, nota l’evangelista, non interessavano i poveri ma poiché era ladro e teneva la cassa prendeva quello che c’era dentro.Si può notare che Giuda all’interno del gruppo dei 12 avesse una responsabilità sulla gestione dei denaro. I discepoli avevano da quello che si può leggere nei Vangeli dei denari e che servivano non solo per le loro esigenze quotidiane ma per aiutare coloro che vivevano nell’indigenza.Un’altra testimonianza ci viene data dal Vangelo di Luca al capitolo 8: «In seguito egli se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni». Dunque i discepoli di Gesù venivano assistiti con delle sostanze, non solo cibo ma anche denari. Qualcuno potrebbe scandalizzarsi, in nome di un pauperismo ideologico, che anche nel gruppo dei discepoli girassero dei soldi. Ora è evidente che nessuno di noi campa d’aria. Ma Gesù ha sempre messo in guardia i discepoli dall’attacare il cuore al denaro. L’attaccamento al denaro è la radice di tutti mali e di questo ne era cosciente lo stesso Signore che invitava anche i suoi a non prendere nulla per il cammino ma vivere di quello che la provvidenza offriva alla loro vita. Il denaro non può essere l’idolo al quale sacrificare la propria vita ma un mezzo da condividere con gli altri.Gesù ha sempre chiarito: non si può servire Dio e il denaro chiamato mammona (la ricchezza quasi divinizzata); attaccare il cuore a questa realtà significa sacrificare la nostra esistenza a un idolo che non mantiene quello che promette: la salvezza.Il problema si ritroverà anche nelle prime comunità cristiane descritte negli Atti degli apostoli dove tutti coloro che avevano dei beni li mettevano ai piedi degli apostoli i quali a loro volta li distribuivano per i poveri. Ma una situazione che sembra idilliaca in realtà mostra come il cuore attaccato al denaro in realtà può produrre dei gesti di egoismo anche nella prima comunità cristiana : per esempio il caso di Anania e Safira. Si legge in Atti 5: «Un uomo di nome Anania, con sua moglie Saffìra, vendette un terreno e, tenuta per sé, d’accordo con la moglie, una parte del ricavato, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: “Anania, perché Satana ti ha riempito il cuore, cosicché hai mentito allo Spirito Santo e hai trattenuto una parte del ricavato del campo? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e l’importo della vendita non era forse a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest’azione? Non hai mentito agli uomini, ma a Dio”. All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. Un grande timore si diffuse in tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i giovani, lo avvolsero, lo portarono fuori e lo seppellirono».Il problema si ripeterà sempre anche nella Chiesa dove la fragile umanità tentata dal desiderio del possesso prevale sul desiderio di vivere il Vangelo con un’esistenza orientata al regno di Dio, un’esistenza che condivide con gli altri specialmente se bisognosi i beni che possiede. E questo non è un atto di elargizione che il nostro buon cuore può fare ma un dovere di giustizia. Anche san Paolo nelle sue lettere chiede aiuti economici per le Chiese che vivevano in una situazione di indigenza: «Quanto poi alla colletta in favore dei fratelli, fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia. Ogni primo giorno della settimana ciascuno metta da parte ciò che gli è riuscito di risparmiare, perché non si facciano le collette proprio quando verrò io. Quando sarò arrivato, manderò il vostro dono con delle lettere di presentazione a Gerusalemme, tramite quelle persone, degne della vostra fiducia, che voi stessi avrete scelto. Se mi sembrerà il caso di andare, andrò io stesso, e i vostri inviati verranno con me» (1 Cor 16, 1-4).Per attualizzare il messaggio ai nostri giorni ci sono alcuni documenti del magistero. Nel Catechismo della Chiesa cattolica del 1992 tra i precetti della Chiesa si aggiunge «l’obbligo di sovvenire alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno in base alle proprie possibilità».Dunque dai tempi di Gesù a oggi i discepoli vivendo in questo mondo sono chiamati anche a gestire i beni del mondo. Ma Gesù nel Vangelo ci insegna a usare le cose terrene come un mezzo per vivere, vuole che siamo liberi dalla logica mondana del possesso per fini egoistici e per accrescere il potere. L’uomo di sempre è tentato da questo idolo; a volte con la scusa di usare i denari per il bene si possono giustificare anche mezzi non idonei al Vangelo per accrescere la ricchezza, secondo il detto pecunia non olet. Ma si rischia di tradire il Vangelo.