Il matrimonio: una proposta di vita ancora valida per l’uomo di oggi?
![](https://www.toscanaoggi.it/wp-content/uploads/2015/11/Il-matrimonio-una-proposta-di-vita-ancora-valida-per-l-uomo-di-oggi-1.jpg)
Nel Sinodo dei Vescovi sulla famiglia si è parlato non solo delle situazioni di fragilità o di sofferenza, ma anche della bellezza del matrimonio cristiano come proposta di vita per l’uomo e la donna. Nella cultura del nostro tempo invece il matrimonio appare in crisi, sempre meno giovani scelgono di sposarsi, sempre più coppie si separano. Il matrimonio è considerato spesso una semplice convenzione che due persone possono sottoscrivere o sciogliere in base ai propri desideri. Nonostante questo, la Chiesa continua a difendere il matrimonio tra un uomo e una donna come fondamento della società, affermandone l’indissolubilità e sostenendo che non possono essere assimilate ad esso altre forme di unione. Da dove viene questa certezza?
Chiara Marchini
Premessa: se il matrimonio è un atto arbitrario dell’uomo, cioè una convenzione, non ha fondamenti per essere legittimato come stato della natura umana; solo se esso è una forma o categoria della natura umana può essere difeso come valore. Questa è una proposta d’interpretazione.
Una volta venne posto a Gesù un quesito: se fosse lecito ad un uomo ripudiare la moglie per qualsiasi motivo. Gesù rispose non con una sua opinione ma rifacendosi a Genesi, e disse: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola”» (Mt.19,4-5). Gesù chiama in causa l’intenzione o l’idea che Dio aveva mentre istituiva il matrimonio: che cosa intendeva fare Dio Creatore col matrimonio? Che cos’era il matrimonio secondo l’idea che Dio stesso ne aveva quando lo stava creando?
Se ora ci chiedessero che cos’è l’essere umano? Come dobbiamo intendere, definire, determinare, specificare l’essere umano in quanto tale? Anche noi, come Gesù, potremmo lecitamente rifarci a Dio, ossia a colui che ha ideato, creato e prodotto l’uomo: come lo ha pensato, che idea aveva nel fare l’uomo, che cosa voleva fare creando l’essere umano? Ce lo dice Dio stesso cosa voleva fare: «E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza…Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27). Come si capisce, non solo sappiamo l’intenzione di Dio e l’idea che aveva nel fare l’uomo, ma sappiamo anche come tale idea l’ha realizzata in concreto. Dio creando l’uomo volle fare un essere «a sua immagine e somiglianza», e perché potesse assomigliargli lo fece maschio e femmina, questo dice Genesi.
Come possiamo commentare o cosa dedurre da questo testo? Col termine «immagine» s’intende la riproduzione di qualcosa, e di conseguenza l’uomo-immagine di Dio sarebbe, per così dire, un modellino di Dio nella sua totalità o pienezza d’essere. E il termine «somiglianza» lo avvalla perché vuol dire: analogica riproduzione dell’oggetto imitato, o in altri termini l’essere umano è una copia analogica ma perfetta di Dio.
E allora com’è Dio? Chi è e com’è strutturato quel Dio di cui l’uomo è copia perfetta? La fede ci dice che Dio è Uno e Trino: un’unica natura, indivisa e semplice, ma di ben tre distinte persone, non tre individui o sostanze, ma tre relazioni che sebbene distinte non rendono composita la natura di tre diverse nature, ma garantiscono l’individua o unica sostanza semplice.
Che l’essere umano sia somigliante a questo Essere? Come può l’essere umano essere copia di un Dio del genere? I tratti salienti sono l’unità e la semplicità della natura pur nella trinità delle persone. Potremmo per es. dire che l’essere umano è una natura in due persone uguali e distinte: l’uomo e la donna? Uguali nella natura umana distinte dalla correlazione che tra loro li rapporta? Potremmo dire di sì, perché l’uomo non è un individuo che possa essere considerato per se stesso senza la correlazione alla donna, non ha senso «uomo» senza che si dica «donna», se diciamo che sono diverse e separate è perché la cultura ha prodotto questo mostro: ma all’inizio – direbbe Gesù – non era così! Non dobbiamo lasciarci ingannare dalle cose separate, è vero che un uomo non è una donna, ma da qui a dire che tra loro c’è diversità ne corre, l’uomo non è il contrario della donna (e viceversa), ma è il complementare, il correlato, e questo ha significato ben diverso, perché significa che c’è una unità, che formano una unica cosa. Come il padre non è il contrario del figlio ma il correlato, così l’uomo è il complementare della donna. Ancora. Sebbene l’uomo e la donna si distinguano tra loro realmente, tuttavia non si distinguono realmente dall’esser-umano, che, nell’essenza, è una cosa sola, perché lo costituiscono. Le persone divine insomma hanno una unità maggiore di quelle umane, perché sono indivise nella costituzione dell’unico Dio, ma non è necessario che le persone umane siano considerate diverse solo perché hanno corpi diversi, infatti il concetto di corpo è più esteso ed è il genere che abbraccia le due speci maschile e femminile, per cui il corpo maschile e il corpo femminile formano un solo e indiviso corpo umano, come la moneta si ha e ha senso come indivisione e unità di testa e croce: l’uomo e la donna formano un’unica sostanza, e differiscono soltanto per diversa ragione, a causa della loro correlazione.
A questo punto è evidente che i due sono un’unica natura: quella umana, come le due facce formano una sola e l’unica sostanza della moneta. Quindi l’uomo – giustamente dice Gesù – non separi ciò che Dio ha creato congiunto. L’amore non è un affetto, ma il «luogo» dove uomo e donna hanno l’unica natura, come il metallo è il «luogo» ove avviene la moneta, dove le due facce fanno un’unica cosa, così l’amore è dove i due corpi formano l’unico corpo che essi sono e costituiscono. In Dio la natura è unica e semplice perché indivisa, e nell’essere umano è unica e semplice secundum quid (=intesa in un certo senso), ossia nella sua intellegibilità, significatività e nel suo essere-amore, essa cioè non è indivisa materialmente, ma è semplice secundum rationem (=secondo il senso intellegibile) ossia in rapporto all’immagine divina di cui è copia, dove due individui (aspetto creaturale) diventano una unità e sono la stessa cosa realmente sebbene secondo una diversa ragione, poiché l’uomo dice la mascolinità e la donna indica l’aspetto femminile di quell’unico essere che è l’umanità. Come in un globo il nord e il sud non sono diversi in concreto, ma secundum rationes, così l’amore è la massa dove i due corpi maschile e femminile perdono la distinzione e si fondono in unico essere, nell’unico corpo che sono in quanto due. Dunque quale copia di Dio, l’essere umano è duplice secundum rationes ma unico secundum rem (=in concreto), è duplice nella sua manifestazione maschile-femminile, ma è unico in quanto sostanza umana: unica natura in due persone uguali e distinte.
Se questo è vero, allora il matrimonio non è un atto che l’uomo può fare, non fare, determinare, significare, a proprio arbitrio, ma l’uomo è nel matrimonio o per contrario il matrimonio è l’habitat in cui l’essere umano ha la pienezza di se stesso.
Come non si può legiferare sulla rotondità della terra, ma la possiamo solo spiegare, così il matrimonio si può spiegare, ma non renderlo diverso, perché in esso vi è la pienezza dell’umanità. Lo si può solo vivere in quanto in esso abita la natura umana, e se lo cambiamo è solo «per la durezza del cuore e della mente».
Athos Turchi