Il diritto-dovere di intervenire sulla famiglia
Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo». Così scrivono i vescovi nella Nota pastorale sulla famiglia. Al di là dei contenuti, vorrei capire che valore ha un documento di questo tipo. I giornali hanno presentato questa nota come «vincolante» per i cattolici: cosa significa? Quando si entra in maniera così netta su temi politici, non sarebbe giusto lasciare ai laici un margine per decidere quali sono le strade più efficaci per tutelare e difendere, nella pratica, certi valori?
In fondo, quello delle unioni di fatto è un fenomeno sociale che non si può ignorare, e lo Stato ha il dovere di prendere in considerazione anche la situazione delle coppie conviventi. Allo stesso tempo, sono d’accordo che le istituzioni dovrebbero anche fare di più per tutelare e sostenere la famiglia fondata sul matrimonio, che ricopre un ruolo sociale indiscutibile. Non spetta ai politici (anche a quelli cattolici) il compito di trovare una mediazione tra queste due esigenze?
Indirizzo email
Il diritto-dovere della Chiesa a intervenire in campo sociale fa parte della sua stessa missione di annunciare il Vangelo. Esso si basa su due ordini di motivi. Il primo consiste nel fatto che la Chiesa ha competenza a intervenire nelle questioni sociali, economiche e politiche nella misura che esse toccano il campo della morale in quanto: «Le stesse cose terrene e le istituzioni umane, nei disegni di Dio, sono ordinate alla salvezza degli uomini» (Christus Dominus, n. 12). Per questo già Pio XI nella Quadragesimo Anno ribadiva che: «In nessun modo [la Chiesa] può rinunciare al compito da Dio assegnatole d’intervenire con la sua autorità, non nelle cose tecniche, per le quali non ha né i mezzi né la missione di trattare, ma in tutto ciò che ha attinenza con la morale» (Quadragesimo anno, n. 45).
Il secondo motivo sta nel fatto che la rivelazione cristiana ha una intrinseca dimensione storica. Cristo è Dio che entra nella storia del mondo: «Fattosi carne lui stesso, e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come l’uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé» (Gaudium et spes, n. 38). L’evento dell’incarnazione guida il mondo verso una progressiva umanizzazione, «malgrado le sue ignoranze, i suoi errori, e anche i suoi peccati, le sue ricadute nella barbarie e le sue lunghe divagazioni fuori della via della salvezza» (Populorum progressio, n. 79). Pertanto è necessario tenere sempre conto delle situazioni storiche e culturali che mutano e si evolvono continuamente e nelle quali tale verità va fedelmente inculturata e ribadita. Questo spiega ulteriormente perché la Chiesa, «realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia», facendo proprie «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini» (Gaudium et spes, n. 1) non possa fare a meno di intervenire nelle questioni sociali.
In questo senso le indicazioni dei Pastori sono vincolanti perché, come sottolinea la Nota della Cei citando una precedente nota della Congregazione per la Dottrina della Fede: «Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l’insegnamento del Magistero e pertanto non “può appellarsi al principio del pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società”» (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).
Se poi consideriamo che il perseguimento del bene comune, ovvero il bene di tutti e di ciascuno, è l’obiettivo guida di ogni attività politica cui sono subordinati i diritti e gli interessi individuali (cfr. Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 200 e 391), allora è ancora più evidente che la preoccupazione per scelte che mettano a repentaglio tale fine non possa non sollecitare i Pastori a richiamare i fedeli ai principi di coerenza della propria fede.