Il diavolo: simbolo o persona?
Il Superiore generale della Compagnia di Gesù padre Artuto Sosa Abascal (i gesuiti a cui appartiene anche Papa Francesco), ha rilasciato una dichiarazione al Meeting di Rimini, e cioé: «Il diavolo esiste come realtà simbolica, non come realtà personale».
«L’esistenza reale del diavolo, quale soggetto che pensa e agisce e che ha fatto la scelta di ribellione a Dio, è una Verità di fede che fa parte della dottrina cattolica», così il giorno dopo l’Associazione internazionale esorcisti replica al superiore generale dei gesuiti. Cosa dice la Chiesa a questo proposito?
Giuseppe Manecchia
Rispondiamo prima delineando un breve quadro della dottrina cattolica sul punto, quindi provando a dire qualcosa sulle parole del padre Sosa.
La dottrina della Chiesa va decisamente nella direzione di riconoscere a Satana il carattere di ente spirituale, dotato di libertà e a cui si può attribuire la qualifica di persona
Un buon esempio di dottrina demonologica è il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2851, che raccoglie in sintesi la tradizione teologica e magisteriale: «In questa richiesta [“liberaci dal Male” nel Padre nostro], il Male non è un’astrazione; indica invece una persona: Satana, il Maligno, l’angelo che si oppone a Dio. Il “diavolo” […] è colui che vuole ostacolare il Disegno di Dio e la sua “opera di salvezza” compiuta in Cristo».
Nella storia della Chiesa sono esigui i riferimenti magisteriali sul diavolo, come se si desse per scontato che il diavolo esiste, che il diavolo è un angelo, che il diavolo è un angelo caduto. C’è un passaggio però decisivo della professione di fede contro i catari e gli albigesi Firmiter credimus del Concilio Lateranense IV del 1215, che ci viene in soccorso: «Il diavolo, infatti, e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi. L’uomo poi ha peccato per suggestione del demonio» (DH 800). Dal testo si prendono facilmente alcuni elementi: 1) il diavolo e gli altri demoni sono creature; 2) sono stati creati buoni; 3) hanno usato la libertà per ribellarsi a Dio; 4) agiscono per ingannare e tentare l’uomo.
Quest’ultimo dei quattro elementi mi conduce a riprendere l’intervista del padre Sosa. Voglio farlo, seguendo il pregiudizio positivo che proprio sant’Ignazio esprime a Esercizi spirituali, 22 («è da presupporre che un buon cristiano deve essere propenso a difendere piuttosto che a condannare l’affermazione di un altro. Se non può difenderla, cerchi di chiarire in che senso l’altro la intende»). Ad una prima lettura, sembra che il padre Sosa vada contro la dottrina stabile della Chiesa circa l’esistenza del diavolo, nel momento in cui lo definisce come un simbolo del male nell’uomo e nel mondo. Forse, però, le parole del padre Sosa si riferiscono a Satana considerato nella pervasiva presenza nelle coscienze e nelle strutture mondane per suggestionare l’uomo, ingannarlo e tentarlo.
Del resto, leggendo l’intervista a padre Sosa sulla rivista Tempi, alla domanda se Satana esista, egli risponde dicendo «in diversi modi», non con la negazione e aggiunge: «Non è una persona come lo è una persona umana. È una maniera del male di essere presente nella vita umana». Parlare di simbolo del male per l’uomo di differenti culture che elabora l’esperienza del male dentro di sé e nel mondo, è lecito solo se lo intendiamo dal punto di vista dell’opera di Satana; opera che ha però alle spalle la realtà di una creatura spirituale libera e malvagia.
Francesco Vermigli