Il bacio di Giuda, un gesto d’amicizia che diventa simbolo di tradimento
Se Gesù era un personaggio conosciuto, seguito dalle folle, perché c’era bisogno del bacio di Giuda per farlo riconoscere a chi doveva arrestarlo?Lettera firmata
Risponde don Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura
La figura di Giuda Iscariota nei Vangeli è emblematica e misteriosa.Emblematica della possibilità, sempre presente nella storia, del tradimento, ovvero del male più grande che è tradire la fiducia degli amici. Dante nella sua Commedia, infatti, pone all’ultimo cerchio, quello più terribile, appunto i traditori, tra cui lo stesso Giuda.Ma è anche misteriosa, com’è misterioso il male. Proprio uno dei discepoli, dei più vicini a Gesù, sarà colui che lo tradisce e lo consegna alle autorità per la sua passione e morte. Com’è potuto succedere?Del resto, la letteratura sulla vicenda incresciosa di Giuda e le varie interpretazioni sul suo gesto e il suo destino non sono mancate fin dall’antichità, proprio perché il suo tradimento del Maestro risulta certamente odioso ma anche pieno di mistero, di quel mistero del male che avvolge le vicissitudini umane, compresa quella di Gesù.Ripercorriamo la vicenda di questo discepolo fino ad arrivare all’ultimo suo atto di tradimento effettivo con il famoso bacio a Gesù nel giardino del Getsemani.In effetti egli fa parte del gruppo dei dodici discepoli scelti da Gesù, che chiamerà apostoli. Nella lista degli apostoli che i Vangeli ci riportano egli compare sempre per ultimo con l’appellativo «Iscariota» e la specificazione che sarà colui che poi tradirà Gesù (Mt 10,4; Mc 3,19; Lc 6,16; Gv 6,61). Curioso il fatto che Giuda sia l’unico degli apostoli a non provenire dalla Galilea, essendo di origine dalla Giudea come il suo soprannome «Iscariota» lascia intendere, ovvero che proviene dal villaggio di Keriot in Giudea (ish-keriot = uomo di Keriot).Altre notizie ci vengono dal Vangelo di Giovanni, ovvero che Giuda era il tesoriere del gruppo dei dodici, tenendo la cassa (Gv 12,6 e 13,29), e che era particolarmente attaccato ai soldi, fino a rubarli: «non che gli importasse dei poveri, ma poiché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro» (Gv 12,6).Arriva poi il momento, appena prima delle feste pasquali, in cui Giuda decide il tradimento recandosi dai sommi sacerdoti e offrendosi come tramite per consegnare Gesù al momento opportuno. Occorre immaginare che non fosse semplice catturare Gesù a causa delle folle che spesso lo attorniavano e questo avrebbe creato scompiglio. Il sinedrio, infatti, aveva deciso di arrestarlo e ucciderlo ma «non durante la festa affinché non avvenga un tumulto tra il popolo» (Mt 26,5; Mc 14,2; Lc 22,2). Occorreva trovare un momento opportuno quando Gesù era solo senza folle attorno. Questo è il servizio che Giuda si incarica di svolgere per il sinedrio, di trovare il momento adatto alla cattura di Gesù.Sul motivo di questa scellerata ed empia scelta di Giuda, i Vangeli tacciono, lasciando solo intendere alcune cose. Nell’accordo con i sommi sacerdoti si tratta anche di denaro, come ricompensa del servizio che Giuda svolgerà (Mt 26,15 specifica che è Giuda stesso a chiedere denaro, che gli sarà corrisposto nei famosi 30 denari). Difficile pensare, però, che il motivo sia solo il soldo, sarebbe davvero abbietto. Quella della ricompensa è un’implicazione di qualcosa di più decisivo per Giuda.Una prima ipotesi sulle ragioni che spingono Giuda a consegnare Gesù, è che nel suo animo sia rimasto deluso dall’arrendevolezza di Gesù, dal suo modo mite di compiere la missione di Messia. Giuda forse si aspettava qualcosa di più decisivo in senso messianico, un’iniziativa più risoluta, che generasse un movimento di rivolta, di riconquista, si attendeva un Messia più combattivo sui mali del mondo e in particolare sulla dominazione romana.La consegna di Gesù alle autorità del sinedrio per Giuda poteva anche essere un modo di far finalmente reagire Gesù. Non è detto, quindi, che lo volesse portare alla morte, ma forzare la mano di modo che mostrasse finalmente di fronte ai suoi nemici la sua forza e potenza. Facendolo catturare forse sperava che di fronte al sinedrio finalmente mostrasse la sua potenza messianica. Ma non sarà così. E, infatti, quando capirà che il destino di Gesù sarà la condanna a morte si pentirà del suo gesto andando dai sacerdoti a dire: «ho peccato, avendo consegnato sangue innocente» e gettando per terra le monete ricevute. Ma il suo pentimento è disperato, senza orizzonte di perdono, e lo porta al suicidio (Mt 27,3-10). Difficile comprendere il gesto di Giuda, cosa ha guidato il suo animo. I Vangeli però ci danno una chiave di lettura più profonda e misteriosa. In particolare, Il Vangelo di Luca e quello di Giovanni, affermano che Satana era entrato in Giuda (Lc 22,3 e Gv 13,27). Giuda sottraendosi all’amicizia di Gesù e alla comunione con Lui, diventa schiavo di altre potenze contrarie a Dio. Non è più un uomo libero, ma in mano al principe del mondo che lo usa per i suoi piani contro Gesù.Ma veniamo alla scena della cattura che interessa il nostro lettore.Giuda – ci dice il Vangelo di Giovanni – «conosceva il luogo, poiché spesso Gesù si era radunato là con i suoi discepoli», e quindi conduce all’orto del Getsemani la soldataglia che i sommi sacerdoti avevano assoldato (Giovanni riporta che c’era anche una coorte romana assieme a lui). Sapendo che Gesù non è da solo, ma coi suoi discepoli, giungono con spade e bastoni, immaginando di dover affrontare una resistenza. Inoltre è notte (infatti portano anche lampade) e occorre individuare nel gruppo la persona che interessa. Per questo Giuda da come segnale il bacio: «quello che bacerò, è lui, arrestatelo». Da una parte, quindi, non è detto che la soldataglia raccattata (compresi alcuni romani) conoscesse di persona Gesù, e dall’altra il buio della notte non rendeva facile identificare la persona di Gesù in un gruppo. E così quel gesto che in tutte le regioni del mondo è di amicizia e affetto, il bacio che Giuda offre a Gesù, diventerà nella storia il simbolo del tradimento più odioso perché rivolto a Colui che aveva dimostrato e voleva portare nel mondo il bene più grande, quello di Dio.Gesù sapeva che Giuda lo avrebbe tradito e consegnato alle autorità e lo aveva più volte preannunziato. Ma non reagisce al tradimento se non con la pietà che lo contraddistingue, chiamandolo «amico» (Mt 26,50). La sua vittoria sul male non avviene con l’uso della forza o della resistenza, ma con una pietà e misericordia più grandi di tutto il male possibile.