I racconti di chi ha visto l’Aldilà: come dobbiamo interpretarli?
Nella rubrica «Risponde il teologo» del 7 settembre leggo: «….nessuno è venuto indietro dalla morte per dirci come si sta dopo». Questa affermazione si scontra con quanti, e fra questi alcuni santi, hanno avuto esperienza dell’altro mondo. O i santi ci hanno raccontato frottole, e allora sono degli imbroglioni, ma se hanno detto la verità noi sappiamo come è l’altro mondo. Come la mettiamo? Nel libro di Antonio Socci «Tornati dall’Aldilà» si riportano molte testimonianze in proposito. Che siano tutte frutto di fantasia?
Beppe Giampaoli
In linguaggio scientifico un fatto è dimostrato quando è universalmente verificabile e ripetibile. Un fatto che non ha queste caratteristiche, può essere anche vero, reale, accaduto, ma riguarda solo e soltanto la sfera personale, soggettiva e individuale. La differenza sta in ciò: la caduta di una mela da un albero è universalmente verificabile e ripetibile, perciò è un fatto oggettivo e scientifico; la visione dell’inferno che ha avuto S. Caterina è una rivelazione personale e soggettiva, non verificabile, non ripetibile e non universale, perciò non oggettiva e non scientifica.
Questa seconda conoscenza può anche essere vera e reale, ma non può essere proposta come un fatto oggettivo e per tutti valido, ma vale solo per chi ci vuol credere, a meno che il Magistero della Chiesa non lo imponga come un dogma della fede cristiana. In questo caso siamo obbligati a crederci, ma non per una evidenza, per una scientificità e per una ripetibilità, semplicemente per un ordine di fede magisteriale, come lo è per esempio il dogma dell’Assunzione.
Ora che a me risulti la Chiesa non ha posto nessun dogma su nessuna delle infinite apparizioni o visioni di santi, veggenti, o simili che hanno «visto» l’aldilà. Perciò che Dio abbia permesso e permetta ad alcune persone di vedere l’aldilà può essere vero e quanto hanno visto può anche essere reale, ma tutto ciò riguarda la sfera soggettiva e personale e non può essere preso come dato universale e per tutti valido. Rivelazioni private fanno appello alla fede dei privati e di persone individue, come si dice per la edificazione di quanti ne hanno bisogno. Per cui finché il Magistero della Chiesa non pone il dogma sulle visioni di qualche veggente, o santo, o profeta, nessun cristiano è tenuto a credere quanto queste persone dicono di aver visto. Nella dottrina cristiana non c’è nessun dogma al riguardo, le uniche persone autorizzate potevano essere i resuscitati da Gesù come Lazzaro, ma costui non ha lasciato detto niente, l’altra persona è Gesù stesso che ci ha rivelato molte cose, ma il lettore mi sembra non si riferisca a questa testimonianza, e l’altra persona potrebbe essere la Madonna, ma di lei il dogma dice che è stata assunta in cielo, non dice che sia poi tornata sulla terra a dirci com’è la vita in cielo.
Circa poi il contenuto di quanto i santi hanno visto dell’aldilà, se dovessimo fare una panoramica avremmo una visione dell’aldilà di molto contraddittoria: chi vede l’inferno pieno di anime, che ne vede poche, chi punte… chi il paradiso lo vede in un modo chi in un altro, ecc. Chi ha ragione? Chi vede meglio? A chi dare retta? Il Vangelo stesso ha delle perplessità circa la visione dell’aldilà: quando il Ricco epulone si rivolge ad Abramo di andare a dire ai suoi fratelli di fare attenzione, egli si rifiuta perché non servirebbe a niente.
Perciò non si nega che quanto i santi hanno visto possa essere vero, e non si vuol dire che i veggenti non vedano quello che dicono di vedere, ma semplicemente che questi fatti sono relativi allo spazio privato della vita cristiana. Quello che la Chiesa chiede al cristiano è di credere e di non negare che ci sarà la resurrezione dei morti in anima e corpo, al modello di Cristo e di Maria sua Madre, resurrezione per la beatitudine eterna o per la dannazione eterna, il resto è secondario.
Per quanto riguarda il libro di Socci neppure è da commentare: che gente possa avere avuto quelle esperienze può darsi, e se tali esperienze hanno prodotto un miglioramento della vita, meglio ancora. Ma anche quando ci si pesta un dito col martello si vedono le stelle e non per questo possiamo dirci astronomi. D’altra parte se l’aldilà dove, come dice San Paolo, vedremo Dio faccia a faccia si riducesse a luci e a sensazioni beatificanti, e basta, sarebbe un aldilà ben scarso.
In conclusione io non nego che quanto tantissime persone sante e buone abbiano visto e sperimentato dell’aldilà sia vero, anzi dato che credo in Dio uno e trino e nell’incarnazione e soprattutto nella resurrezione di Cristo da morte è chiaro che credo in misteri enormemente più grandi delle visioni e delle apparizioni, e figuriamoci se è un problema credere che possano darsi anche le esperienze mistiche. Però essendo queste esperienze legate alla sfera privata della fede non possono essere prese come rivelazioni universali, oggettive di quanto il veggente dice di vedere, e perciò obbliganti a un atto di fede da parte di qualunque cristiano e no. Al momento, insomma, nel «credo» della domenica non si fa professione di credere in qualcuno che sia ritornato dall’aldilà per dirci come stanno le cose, dunque, per contrario, non si può affermare con certezza e senza dubbio che qualcuno sia tornato dall’aldilà e che quell’aldilà che ci descrive sia veramente in quel modo.
Athos Turchi