Gli sposi cristiani, «corroborati» dal matrimonio e «quasi consacrati»
Perché le suore (e i laici consacrati) sono chiamati «consacrati», anche se per loro non c’è sacramento? Non sono forse allora più consacrati gli sposi?Lettera firmata
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonicoIl dubbio del lettore riguardo alla possibilità che anche gli sposi appartengano allo status di consacrati ha qualche fondamento che possiamo facilmente reperire nella costituzione conciliare Gaudium et spes là dove afferma che «i coniugi cristiani sono corroborati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato» (GS 48). Il riflesso di questo insegnamento conciliare è presente nel Codice di Diritto Canonico: «nel matrimonio cristiano i coniugi sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i compiti e la dignità del loro stato» (can. 1134).La motivazione di questa asserzione è spiegata da Gaudium et spes con il fatto che «l’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dall’azione salvifica della Chiesa perché i coniugi in maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e madre» (GS 48).Il vincolo perpetuo ed esclusivo proprio del vincolo naturale rimane valido. Inoltre, come afferma il can. 1055 §1 esso «tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento» nel senso che la configurazione naturale della relazione tra i coniugi viene integrata e perfezionata sul modello della relazione di unione perpetua ed esclusiva che c’è tra Cristo e la Chiesa (Ef. 5, 21).3Quindi, il vincolo non è solo un legame, un «contratto», ma un rapporto di vita che secondo natura comporta la reciproca integrazione delle parti e per la grazia legata al matrimonio sacramento diventa corroborazione e quasi consacrazione.In modo simile ad altri sacramenti, quali il battesimo, la confermazione e l’ordine sacro, il matrimonio è un «sacramento permanente», anche se non imprime il carattere, che con il nuovo stato di vita innalza i coniugi a una più profonda partecipazione del sacerdozio di Cristo e li rende idonei a compiere atti di valore cultuale partecipando alla funzione di santificare della Chiesa e all’edificazione del Popolo di Dio attraverso il loro stato.Vale la pena a questo proposito ricordare che «nella funzione di santificare […] partecipano in modo proprio a tale compito i genitori, attraverso la vita coniugale vissuta con spirito cristiano e l’opera diretta all’educazione cristiana dei figli» (can. 835 §4).Sia Gaudium et spes 48 che il can. 1134 del Codice di diritto canonico parlano di «quasi consacrazione» (veluti consecrantur) rilevando l’aspetto cultuale della vita coniugale legato al sacramento, ma senza farne una «consacrazione» in senso proprio.Si può parlare di consacrazione in senso proprio nel caso dei tre sacramenti che imprimono il carattere o nel caso della consacrazione attraverso la professione dei consigli evangelici di obbedienza, povertà e castità. Anzi, la consacrazione per eccellenza è proprio quella che ha per oggetto i consigli evangelici in quanto riservano a Dio in modo integrale ogni ambito della vita del consacrato senza alcuna esclusione o riserva.Dal sacramento del matrimonio deriva la grazia con duplice effetto: il «corroboramento», cioè l’irrobustimento che è la grazia di superare le difficoltà della vita coniugale e la «quasi consacrazione» ovvero il valore cultuale che viene dato a tutti gli atti della vita coniugale, sempre che siano conformi alla vita cristiana.