Giuda potrà mai essere perdonato?
Giuda, il traditore, è stato prescelto dalla Divina Provvidenza, per il suo gesto proditorio? Potrà mai essere perdonato, visto che uno avrebbe dovuto tradire Gesù, perché il Figlio di Dio venisse crocifisso (sacrificio necessario per il riscatto dell’umanità)?
Nel raccontare la vicenda umana di Gesù la Parola di Dio usa spesso un’espressione molto significativa: «secondo le Scritture». Gli autori del Nuovo Patto hanno scoperto nelle parole del Primo Patto, le Scritture ebraiche, passi che annunciavano in modo profetico gli avvenimenti della vita di Gesù. Si tratta di un collegamento che è illuminato grazie all’esperienza di fede nel Signore Risorto. Lo Spirito che il Risorto effonde concede un dono particolare per rileggere i testi antichi e scoprire la profonda unità del piano di Dio per la salvezza dell’uomo. Questo piano di Dio, che la Scrittura chiama il «mistero della sua volontà», non toglie mai la libertà dell’uomo. Certamente come creatura l’uomo gode sempre di una libertà limitata, limitata dalla sua storia e dalle circostanze della vita. Ogni limitazione, tuttavia, non impedisce del tutto che ognuno possa rispondere personalmente alla vocazione ricevuta all’interno di questo progetto di salvezza.
Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica in rapporto alla condanna a morte di Gesù «il linguaggio biblico non significa che quelli che hanno “consegnato” Gesù (At 3,13) siano stati solo esecutori passivi di una vicenda scritta in precedenza da Dio» (CCC 599). Questo perché Dio ha stabilito «il suo disegno eterno di “predestinazione” includendovi la risposta libera di ogni uomo alla sua grazia» (CCC 600). In questa ottica la stessa morte in croce di Gesù non può essere vista come un destino ineluttabile che ha pesato sulle spalle del Figlio di Dio fatto uomo. I racconti della passione attestano una libertà umana autentica e piena di Gesù che vive l’obbedienza al Padre in ogni istante della sua vita «fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2).
Anche nella vicenda di Giuda dobbiamo vedere un gioco di libertà in rapporto alla volontà di Dio. Il Vangelo racconta come, nella cena prima della sua passione, Gesù abbia la chiara visione del tradimento che sta per essere compiuto. La narrazione giovannea è la più ricca di particolari, mettendo a fuoco il dialogo e i gesti del Signore con Giuda. Appare chiaramente un agire libero da parte dell’apostolo che tradisce il Signore, così come è altrettanto evidente che l’offerta della vita di Gesù è per l’umanità intera. «Questo è il mio corpo che è per voi» sono le parole eucaristiche del Signore che offrono il significato della sua morte in croce. Allora, nella pienezza del valore salvifico della morte di Gesù dobbiamo dire che anche per Giuda è stato offerto il perdono che nasce dal sangue di Cristo versato per i peccati del mondo. Il punto nodale che possiamo raccogliere dal racconto scritturistico è nel termine della sua vita: Giuda si impicca, sconvolto dalla disperazione per quanto compiuto. Eppure nemmeno alla luce di quel gesto così disperato possiamo affermare una sicura dannazione dell’apostolo traditore. La Chiesa gode dell’assistenza dello Spirito santo nella proclamazione dei santi e della loro beatitudine, ma non può mai essere certa della dannazione di nessuno, nemmeno di Giuda. Su di lui gravano le pesanti parole del Vangelo: sarebbe stato meglio per quest’uomo che non fosse mai nato. Sono parole molto forti che, tuttavia, non possono farci concludere con certezza di fede sulla dannazione di Giuda.
A me piace vedere Giuda soprattutto sullo sfondo del racconto giovanneo della cena prima della passione (Gv 13,1ss), leggendolo in un’ottica forse personale ma che non credo del tutto errata. Dopo l’episodio della lavanda dei piedi, l’evangelista racconta che la figura del traditore viene svelata nell’offerta del boccone che Gesù gli porge. A quel punto «Satana entrò in lui» (Gv 13,26s). Il tradimento è già concepito nel cuore; ci troviamo di fronte ad una situazione di non ritorno: materialmente Giuda deve ancora consegnare Gesù nelle mani degli uomini, ma di fatto nel suo cuore la decisione è presa. Adesso Gesù gli rivolge delle parole particolari: «Quello che devi fare fallo al più presto» (Gv 13,27). Non penso che siano solo il desiderio del Signore di vivere fino in fondo la sua vocazione al dono della vita («li amò sino alla fine» aveva scritto l’evangelista all’inizio del capitolo). Mi piace pensare che con queste parole Gesù liberi Giuda dal peso del suo tradimento, come se gli dicesse: «Tu hai deciso e sei responsabile di quello che hai deciso di fare. Ma adesso, che la tua decisione è presa, io te ne libero dal peso e sono io che ti invito a fare quanto hai deciso di fare».
Gesù anticipa con quelle parole il perdono che effonderà dalla croce su tutti gli uomini, quando chiederà al Padre di perdonare coloro che lo crocifiggono, perché non sanno quello che fanno. E quel sangue prezioso è versato anche per Giuda. Sullo sfondo di questo dialogo colloco la figura di Giuda e quella di ogni peccatore, per quanto gravi possano essere le sue colpe. La dannazione resta sempre una tragica possibilità per chi muore nell’impenitenza finale. La fine di Giuda resta avvolta nel mistero. Nella fede possiamo sperare per tutti, senza togliere le responsabilità di ognuno. In questa speranza, nella preghiera più grande che le è stata affidata, l’eucaristia, la Chiesa continua a intercedere per tutti i defunti, perché possano incontrare il volto del Cristo misericordioso, che verrà per giudicare i vivi e i morti e il cui regno non avrà fine.