Gesù ha avuto dei fratelli?
Ho letto sul sito di Toscana Oggi una notizia del 2002, che parla del ritrovamento di una urna funebre che porta la scritta «Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù». Il biblista don Carlo Bazzi, nel suo commento, scrive che «l’esistenza di fratelli di Gesù, di cui ci parlano anche i vangeli, è sempre stata risolta interpretando il termine “fratello” come indicazione generica di parentela, secondo l’uso dell’epoca». La frase scritta sull’urna non dice in che senso sia da intendere la parola «fratello» ma dice che Giacomo è anche figlio di Giuseppe. Dunque Giuseppe aveva almeno un altro figlio!?!
Cosimo Zizzi
Il famoso ritrovamento dell’ossario nel 2002 in Israele ha una vicenda molto controversa, tanto da essere finita in una causa giudiziaria per falso. Ancora oggi la questione rimane aperta su diversi fronti: primo quello della sua provenienza, in secondo luogo a riguardo della veridicità della iscrizione, e infine della sua datazione. Detto questo, trovare su un ossario antico ebraico i nomi di Giacomo, Giuseppe e Gesù non è una prova certa che si tratti dell’apostolo che è detto anche «fratello del Signore» come recita la lettera ai Galati 1,9. I tre nomi sono così comuni all’epoca da non poter fondare una ipotesi stringente.
Inoltre la denominazione «fratello del Signore», come la Chiesa ha sempre inteso, non significa necessariamente nei vangeli e in tutto il Nuovo Testamento che Gesù abbia avuto dei fratelli di sangue. A proposito si possono fare alcune riflessioni utili.
In effetti nel Nuovo Testamento si parla dei fratelli di Gesù – e delle sorelle a volte – in vario modo in più di un passo. In contesti diversi sono una decina i brani che li riguardano (Mt 12,46-50; Mt 13,55-56; Mc 3,31-35; Mc 6,3; Lc 8,19-21; Gv 2,12; Gv 7,3-5.9; At 1,14; 1Cor 9,5; Gal 1,19). A partire da questi passi si possono anche individuare i nomi dei cosiddetti fratelli del Signore: Giacomo, Joses (o Giuseppe); Giuda e Simone, tre dei quali sono anche stati ritenuti apostoli dalla tradizione. Che cosa impedisce in effetti di considerarli realmente come fratelli di sangue di Gesù? In teoria nulla. Ma una serie di considerazioni di vario ordine hanno condotto la Chiesa, fin dagli inizi, a valutare questo dato del vangelo non in maniera diretta e immediata (veri fratelli dello stesso padre e della stessa madre), ma in maniera indiretta (cugini o fratellastri).
Innanzittutto ci sono i dati storici. Le pochissime informazioni che ci offrono i testi del Nuovo Testamento fanno ritenere che la menzione di «fratelli» in rapporti a Gesù sia da intendere come parenti stretti. In particolare c’è il dato abbastanza attestato che la madre di due di questi supposti fratelli si chiamava Maria, ma era sorella (ovvero cognata) di Maria la madre di Gesù. Così ci fanno capire alcuni accenni nei testi della passione e risurrezione dei tre sinottici Matteo, Marco e Luca. Essi infatti affermano che presso la croce e poi il giorno di Pasqua al sepolcro era presente Maria, altrimenti chiamata «l’altra Maria», madre di Giacomo e di Giuseppe (cf. Mc 15,40.47 e 16,1; Mt 27,56.61 e 28,1; Lc 24,10).
Giovanni in qualche modo conferma almeno il fatto che oltre la madre di Gesù ci fosse un’altra Maria sorella/cognata della madre di Gesù: Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala (Gv 19,25). La scena della croce poi che ci racconta Giovanni, contiene un significativo fatto a riguardo, ovvero Gesù affida Maria al Discepolo e viceversa: Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19,26-27). È così accennata da questo dato la mancanza di altri figli a cui affidare la madre.
Ci sono altre antiche fonti piuttosto attendibili che ci parlano dei «fratelli del Signore», soprattutto di Giacomo e di Simone che saranno i primi vescovi della Chiesa di Gerusalemme. Una di queste fonti – Esegippo che scrive attorno alla metà del II° secolo – chiaramente afferma che Giacomo e Simone erano cugini di Gesù in quanto figli di Maria di Cleofa che era fratello di Giuseppe. Il Protovangelo di Giacomo (meno attendibile storicamente ma che ebbe grande fortuna nella chiesa antica) considera i «fratelli» di Gesù come fratellastri, ovvero i figli del precedente matrimonio che Giuseppe avrebbe avuto prima di rimanere vedovo e sposare Maria. Ancora oggi le chiese orientali sono attestate su questa interpretazione.
Ci sono inoltre alcuni motivi linguistici che fanno propendere a non intendere in modo diretto l’espressione «fratelli» di Gesù. Innanzitutto l’uso generalizzato e comunissimo nelle lingue semitiche di indicare i cugini o altri parenti stretti con la menzione di «fratelli» (uso tra l’altro ancora in vigore in molte culture nel mondo). Ma anche il fatto che di Maria se ne parla solo ed esclusivamente come della madre di Gesù (e più spesso con il titolo «sua Madre»). Ovvero, il legame con Maria madre di Gesù e i cosiddetti fratelli di Lui non è mai espressamente indicato nel Nuovo Testamento. Maria è sempre e solo la madre di Gesù.
Detto questo, è chiaro che la questione dei fratelli di Gesù non è una semplice questione marginale, o almeno così non è stata sentita fin dall’antichità ed è stata motivo di discussione e di riflessione. In effetti essa tocca un punto fondamentale della dottrina della Chiesa, ovvero la perpetua verginità di Maria, affermata e dichiarata dogmaticamente dal Concilio di Costantinopoli II nel 553 con la formula «Maria sempre vergine» che ritroviamo spesso ancora nelle liturgie orientali e occidentali. La perpetua – cioè prima, durante e dopo il parto – verginità di Maria, quindi, obbliga, per così dire, a intendere in senso indiretto l’espressione «fratelli» di Gesù (vuoi cugini o parenti o fratellastri secondo le diverse interpretazioni).
Afferma il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum 9: «La sacra Tradizione dunque e la sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo un tutto e tendono allo stesso fine. […]ne risulta così che la Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura». La Chiesa nel suo cammino di comprensione della rivelazione di Dio in Gesù Cristo ha acquisito a un certo momento di tale cammino la certezza necessaria, a partire dalle scritture e dalla Tradizione, per affermare la perpetua verginità di Maria. Da quel momento anche la questione dei fratelli di Gesù, è illuminata da ciò che la Chiesa crede.
Filippo Belli