Gesù e la discesa agli inferi per salvare le «anime prigioniere»
Nella Prima lettera di Pietro si legge che Gesù «nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua». A chi si riferisce questo passo?
Maria Laura Bertini
La domanda che viene posta dalla lettrice è un chiarimento su un testo della prima lettera di Pietro, capitolo 3, versetti 13-22. Nel versetto 19 l’autore afferma «Perché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte nella carne, ma vivificato dallo Spirito». Con tale asserzione viene fornita una lettura della morte e risurrezione di Gesù in termini nuovi. «Vivificato nello spirito» designa il Cristo risuscitato, come nella lettera ai Romani 8,11 dove si allude al medesimo spirito che ora vivifica i cristiani. La precisazione «nello spirito» ci permette di leggere la risurrezione come evento guidato dallo Spirito.
Il passaggio successivo riguarda la questione della discesa agli inferi. Come Gesù nella sua predicazione terrena era guidato dallo Spirito (Luca, 4,1.14), ricevuto nel battesimo, così ora dopo la sua morte raggiunge tutti coloro che gli era stato impossibile incontrare come uomo. Le parole che vengono riportate anche nel credo apostolico («discese agli inferi») stanno ad indicare che la missione di Gesù non può essere limitata soltanto agli anni dell’esistenza terrena, quando Egli era sottoposto ai limiti spazio temporali della sua vicenda storica. Gesù è andato ad annunciare la salvezza anche al mondo dei morti, agli spiriti inferiori, agli spiriti in carcere, ai trapassati di tutte le epoche. Colui che dimorava per tre giorni nel cuore della terra andò agli inferi per rendere impotente il diavolo. Gesù ha raggiunto quelli che stavano nelle zone più oscure, che erano senza speranza. In tal modo Gesù ha raggiunto tutte le generazioni precedenti.
Adesso ci chiediamo che sono i destinatari di questo annuncio di liberazione. Si legge nel testo «gli spiriti che erano in carcere, che un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè mentre si fabbricava l’arca nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate attraverso l’acqua». (versetti 19-20). Si tratta di tutti gli increduli dei tempi passati. Dio aveva cercato in ogni modo di portarli alla conversione, mostrando una grande pazienza (macrotymia), mandando il proprio figlio a predicare la salvezza anche agli abitanti degli inferi. Cristo dunque offre la salvezza ai morti dei tempi antichi, peccatori e giusti. E in questo ambito Pietro ricorda il battesimo, affermando che esso ha una prefigurazione nel diluvio. Questa è una lettura tipologica della scrittura, cioè si dice che ciò che è avvenuto nei tempi passati (in questo caso il diluvio) prefigura l’evento di salvezza attuale, in questo caso il battesimo.
Pietro ricorda che il battesimo salva perché c’è una invocazione di salvezza che si fonda sulla risurrezione di Cristo. Dunque il battesimo non è un’abluzione che, come un detersivo o un sapone, toglie la sporcizia fisica, o un lavaggio di purificazione esterna anche spirituale, cioè un lavaggio rituale, ma una preghiera rivolta a Dio per ottenere una buona coscienza, oppure si può intendere una richiesta a Dio da parte di buona coscienza.
Ormai si fa riferimento al battesimo sacramentale celebrato liturgicamente, con una immersione accompagnata da una preghiera di richiesta di perdono dei peccati. Dunque si parla del battesimo costituito dal segno e parola che sono rispettivamente l’acqua con la relativa immersione e la preghiera, intesa nello specifico come richiesta di salvezza.