Dopo mesi di attesa siamo tornati a fare la Comunione. Mi è venuto da pensare alla mia Prima Comunione, tanti anni fa, e al catechismo che ho dimenticato. Quali sono (o dovrebbero essere) gli effetti della Comunione eucaristica in chi la riceve?Enza GiulianiRisponde don Diego Pancaldo, docente di Teologia spiritualeIl Catechismo della Chiesa cattolica elenca, ai numeri 1391-1398, i frutti della Comunione, offrendone una sintesi al numero 1416: «La santa Comunione al Corpo e Sangue di Cristo accresce in colui che si comunica l’unione con il Signore, gli rimette i peccati veniali e lo preserva dai peccati gravi. Poiché vengono rafforzati i vincoli di carità tra colui che si comunica e Cristo, ricevere questo sacramento rafforza l’unità della Chiesa, corpo mistico di Cristo.» Al numero 1397 si specifica inoltre che «l’Eucaristia impegna nei confronti dei poveri». Questi aspetti essenziali sono stati ripresi e sviluppati in recenti documenti magisteriali. In Deus Caritas est Benedetto XVI ha spiegato come l’Eucaristia ci attiri nell’atto oblativo di Gesù, nella sua offerta al Padre a favore degli uomini: «Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione» (n.13). Ha inoltre sottolineato l’effetto trasformante di tale donazione, evidenziando che «la mistica del Sacramento che si fonda sull’abbassamento di Dio verso di noi è di ben altra portata e conduce ben più in alto di quanto qualsiasi mistico innalzamento dell’uomo potrebbe realizzare» (n.13). Questa mistica sacramentale ha un carattere sociale e permette di tenere uniti amore di Dio e amore del prossimo, dal momento che «nel culto stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Un’ Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata. Reciprocamente…il comandamento dell’amore diventa possibile solo perché non è soltanto esigenza: l’amore può essere comandato perché prima è donato» (n. 14). Con le sole forze umane non riusciremmo infatti a realizzare il comandamento nuovo: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 5, 12). Non a caso, al numero 18, Benedetto XVI ricorda che «i santi – pensiamo ad esempio alla beata Teresa di Calcutta – hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo in modo sempre nuovo, dal loro incontro con il Signore eucaristico e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri».Si comprende in questa prospettiva come sia decisivo riaffermare quanto il Concilio Vaticano II secondo e tutto il magistero post- conciliare hanno inteso evidenziare: l’Eucaristia è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Lumen Gentium 11). Anche l’Esortazione post-sinodale di Benedetto XVI Sacramentum caritatis afferma, nella terza parte, che l’Eucaristia è un mistero da vivere, che la vita cristiana ha una forma eucaristica (numeri 70- 83), che una spiritualità eucaristica «abbraccia la vita intera» (n. 77). Il culto spirituale gradito a Dio «abbraccia ogni aspetto dell’esistenza, trasfigurandola… In ogni atto della vita il cristiano è chiamato a esprimere il vero culto a Dio… un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio» (n. 71). «Vivere eucaristicamente – scriveva santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) nel saggio Il mistero del Natale – significa uscire dalle angustie della propria vita e inserirsi nell’orizzonte infinito della vita cristica . Chi va a cercare il Signore nella sua Casa, non vorrà sempre tenerlo occupato parlandogli di se stesso e delle proprie preoccupazioni. Comincerà a interessarsi alle preoccupazioni del Signore… Chi potrebbe mai partecipare con empatia di spirito e di cuore al Santo Sacrificio, senza venire preso dal desiderio di essere, egli stesso e la sua piccola esistenza personale, impiegato nella grande opera di redenzione del Salvatore?»