Ebrei, cristiani, musulmani: che succede a chi cambia religione?
È possibile che la «proprietà transitiva» sia applicata alle religioni? Mi spiego meglio, restando nell’ambito del monoteismo. Il Dio cristiano è lo stesso di quello ebraico e musulmano. Lo dimostra il fatto che l’ebreo e il musulmano, se vivono in modo irreprensibile la loro fede, andranno anch’essi nel Paradiso cristiano. Ma succede lo stesso, se il cristiano decide di aderire ad altra religione monoteistica, vivendo la nuova fede con l’impegno e il rigore dell’uomo giusto? Analoga situazione si può prospettare per il cattolico che passa alla religione protestante.
Vincenzo
Quando si parla di chi va o non va in Paradiso l’unica risposta esauriente sarebbe: chiedi a Dio stesso quale criterio segue, oppure vai a vedere. Ringrazio il lettore che m’informa di tale «proprietà transitiva» di cui non sapevo l’esistenza. E più che rispondere mi allargo in un ragionamento sui criteri di comprensione.
Dubito che il Dio cristiano sia lo «stesso» di quello ebreo e musulmano, noi crediamo in Dio Trino e Unico, loro in Dio Unico e non Trino, è come dire: noi si crede nel 3 e loro nell’1 che sono cose diverse. E il fatto che l’uno stia nel tre non vuol dire che siano la stessa cosa, stando al genere forse si somigliano, ma non sono la stessa cosa.
Il lettore poi dà per scontato che il cristianesimo sia la vera religione, dunque le altre sono false, perché se fossero vere anche le altre … una varrebbe l’altra ed sarebbe inutile discutere qual è quella che salva, perché tutte lo farebbero legittimamente.
Io sono d’accordo col lettore, che sia vera quella cristiana, e il motivo è questo: la salvezza cristiana sta nell’amore. Amare Dio e il prossimo, questo è il cristianesimo. Ma se ciò è vero, e lo credo perché Gesù ci indica che la salvezza non viene dall’esterno ma da una conversione interiore all’amore di Dio e del prossimo, allora è falso che ci si possa salvare osservando solo «materialmente» le leggi della religione ebraica e il Corano islamico, e aggiungerei anche i precetti della Chiesa.
Infatti dato per scontato che sia vero il cristianesimo, perché Dio ha preso l’iniziativa di amarci per primo (Gv 4,19), e che l’amore sia il principio della salvezza, è evidente che la salvezza è la risposta diretta all’amore di Dio. Come si capisce non c’è bisogno di ricorrere a cose esterne per salvarci, come leggi, proibizioni, animali, sacrifici, cibi, guerre…, ma a una adesione del cuore all’azione di Dio, che vuol dire amare Dio stesso direttamente. Solo l’amore verso Dio, a mio avviso, è garanzia di autenticità della vera religione, perché l’uomo è la creatura più grande e niente può sostituirlo nell’azione che lo salva, lo libera, lo purifica, lo riporta allo stato di amico e figlio di Dio. Così ci dice la Lettera agli Ebrei: «Poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri… Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà» (10,4.6.7).
Assumiamo ora questo criterio: ciò che salva è l’amore verso Dio e verso il prossimo, tutto il resto non serve a niente, o per lo meno a poco. Se questo è vero allora abbiamo trovato il principio universale che permette di travalicare in qualche modo le religioni: chi ama Dio e il prossimo compie comunque la volontà di Dio, ed è inserito nel cammino salvifico, sia in modo autentico di quello cristiano, quale religione che Dio stesso ci ha consegnato, sia in modo non autentico (ma non più falso) di quello delle altre religioni.
Stabiliamo un altro criterio ancora. Ogni religione è per l’uomo e non l’uomo per la religione, e questo a salvaguardia del valore assoluto e primario dell’essere umano. E garante di ciò sia la sua retta coscienza.
Questo è un punto nodale per capire. Quando una persona vive nell’amore verso Dio e verso il prossimo in maniera autentica, vera, totale, e in coscienza retta segue una religione, qualunque essa sia, è nello status salvifico. Coscienza retta significa che ritiene di venerare il vero Dio, perché in coscienza non vede o non ha avuto modo di pensare altrimenti, dunque, sebbene possa essere, il suo, un Dio «falso» tuttavia in ragione della sua buona fede e delle sue opere è dentro la salvezza.
Poi, per la «proprietà transitiva», e ciò vale anche per il passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo, se una persona in buona fede e in retta coscienza, per vivere l’amore verso Dio e verso il prossimo, ritiene che nella religione, donde milita, questo non gli è permesso, per svariate ragioni, e trova in altra fede la possibilità di vivere l’amore verso Dio e il prossimo, in maniera autentica e sincera, in forza di ciò, il suo passaggio ad altra fede può essere considerato una forma coerente di adesione alla salvezza di Dio.
Perché sono importanti questi criteri? Perché pur essendo il cristianesimo La Religione unica e vera, tuttavia il suo principio salvifico – l’amore verso Dio e il prossimo – la travalica e la trascende, proprio perché Dio vuole la salvezza di tutti e nessuno si deve sentire escluso dall’amore di Dio. Gesù è colui che rivela questo con la sua morte e resurrezione, dono d’amore che raggiunge tutti, perché Dio dimostra lì il suo amore per tutti. Detto per contrario, se la salvezza si fosse ottenuta, per esempio, facendo la confessione, Gesù non sarebbe morto in croce ma nel tempio sfinito dal confessare. Perciò i sacramenti e i precetti della Chiesa cristiana sono a sostegno di coloro che sono impegnati ad amare Dio e il prossimo, per coloro che di questo non s’interessano certamente una confessione o una comunione in più o in meno non recano loro danno, ma hanno poco senso.
In sintesi. La salvezza e la santificazione sta nell’amare Dio e il prossimo. La religione è lo strumento per fare ciò. Quale delle molteplici religioni? L’unica che esige questo comportamento è il cristianesimo, per le altre può essere una conseguenza.