È giusto andare in chiesa se non condivido la dottrina cattolica?
Ho sempre frequentato la Chiesa, per me è importante, mi costerebbe molto rinunciare ad andare a Messa o ad altre attività della parrocchia, e con mia moglie cerchiamo di dare questa impostazione anche ai miei figli. Su molte cose però non mi sento in sintonia con la dottrina cattolica: questioni di morale, questioni teologiche, sacramenti, organizzazione gerarchica… È giusto che continui a frequentare la Chiesa, o dovrei rinunciare riconoscendomi fuori dalla comunione ecclesiale?
Lettera firmata
Le divergenze mi sembrano notevoli, ma non essendo specificate le questioni, non è facile dire cosa è giusto o non lo è. Un conto è dire non sono d’accordo sul pesce il venerdì, altro è dire che Dio non è Trino. Se le divergenze vertono su questioni di fondo, come è da pensare, è giusto interrogarsi se in effetti siamo sempre parte di quella religione, come dice il lettore.
Il problema però, come lo scrive il lettore, non è posto bene, perché rispetto a una religione non ci si colloca in questo modo, ossia: posso condividere tutto o poco? C’è un previo problema che il proselito deve porsi: una religione cosa è e cosa può offrirmi? Che cosa cerco da una religione e dove desidero arrivare con essa? Se desidero solo l’appartenenza a un’area politica, culturale, sociale, castale, ovviamente la religione non può dare queste cose perché le trascende e ne prescinde, e neppure può essere flessibile e mutevole alle diverse opinioni, proprio perché non ha una dimensione evolutiva e dialettica, ma salvifica.
Faccio un esempio: se la religione dice che ci si salva vivendo onestamente, poi non può a un certo punto cambiare e dire che ci si salva rubando, è come se un bagnino dicesse che ci si salva colla ciambella ma vabbene anche l’incudine: è chiaro che qualcosa non funzionerebbe. Una religione così contraddittoria si scredita e si distrugge da se stessa.
Se invece il proselita è in ricerca di una comunione con Dio per una salvezza eterna da questo mondo materiale, e per fare ciò è disposto a seguire una dottrina di fede e una prassi perfettiva, allora entriamo nel campo giusto. A questo punto si deve valutare la religione che meglio permette di raggiungere ciò che il proselita ha in mente e desidera, e di conseguenza il modo e il metodo che la religione gli propone per accedere a quei beni eterni, che in genere sono riassunti nel corpo dottrinale. Ora il cristianesimo propone una via, un metodo, un contenuto o dottrina, un insegnamento e una organizzazione, detta Chiesa, derivate dal Cristo: tale credo soddisfa le aspirazioni del proselito? Non può dire io voglio stare nel cristianesimo, ma vivere come i buddisti, sarebbe un controsenso, come dire sono vegetariano ma vivo mangiando carne.
Oggi non è come nel passato che l’appartenenza a una religione o ideologia o teoria era discriminante, sembra che ciascuno possa scegliere come gli pare, e ogni uomo può anche crearsi una religione propria, con dottrina e organizzazione personalizzata. Non ci sono problemi, il punto, ripeto, è cosa il credente si aspetta e richiede alla religione a cui decide di appartenere. Se per esempio la fede cristiana insegna che la via della santità è il matrimonio indissolubile e il credente non è convinto di questo, è liberissimo di accedere a una religione che invece lo nega. Ma si noti: la religione che lo nega lo negherà sempre, perché come quella cristiana dovrà essere coerente e rigida con quanto dice, anzi le altre religioni, come si vede dai massmedia, sono molto più rigide e pignole del cristianesimo. Infatti mentre nelle altre religioni la salvezza è data dalla pedante esecuzione delle leggi e delle norme, il cristianesimo permette l’escamotage della carità e dell’ignoranza che nelle altre religioni non sono sufficienti. È il caso della bestemmia: nel cristianesimo è un continuo bestemmiare, nell’Islam per esempio lo puoi fare una, due volte ma poi ti mettono alla decapitazione. Questo per dire che nelle religioni il contenuto salvifico o dottrina non può essere mutata se non nella modalità che meglio la può riaffermare nel tempo che viene vissuta.
Perciò quello che il lettore dice è un problema che dovrà risolvere da se stesso. Bisogna che si faccia queste domande: cosa cerco dalla religione e cosa voglio dalla religione cristiana? Mi può dare quello che io desidero? Mi stanno bene i suoi contenuti, i modi, il metodo e realizzazioni… ? Se il proselito desidera solo appartenere a una «cultura» cristiana è chiaro che non è interessato alla salvezza ma al «pensiero» cristiano, in questo caso aderisce solo a quello che gli interessa. Ma ovviamente non è questo il cristianesimo. Se invece un fedele desidera la vita eterna sull’esempio di Cristo, allora sono strane tutte quelle divergenze, perché significa non aver capito la religione alla quale e della quale si vuol usufrire per giungere all’eterno.
Insomma il problema sta in ciò che il credente desidera dalla religione e ciò che la religione offre. Il punto da tenere presente è che una religione non è un teoria politica, né un movimento sociale, né un’organizzazione civile, ma è una prassi salvifica verso una trascendenza che supera la storia e il mondo. Ora tale scopo la religione o lo raggiunge o no. Se lo può raggiungere la strada è unica e sempre quella, perché se, come si diceva, l’eterno lo si può raggiungere sia amando sia odiando, significa che la religione è un falso. Così i 7 sacramenti sono gli strumenti che Dio stesso ci propone per la comunione con Lui: sarebbe ridicolo e insensato poi dire che va bene anche non battezzarsi, peccare, accoppiarsi come si vuole e quando si vuole, odiare, uccidere, ecc. La religione o ha un senso che esprime nella sua dottrina, o non ce l’ha, se non ce l’ha è inutile aderire a una religione solo per quello che c’interessa. Dunque il lettore valuti da se stesso: cosa vuole, o aspira o desidera nella vita, si confronti colla religione cristiana se glielo può offrire o no, poi decida che fare o da che parte stare. Tutto il suo problema è riassumibile con le parole di Gesù: dai a Dio quello che è di Dio e a te stesso quello che è tuo.
Athos Turchi