Dove abitavano Giuseppe e Maria?
Ho sempre pensato che Giuseppe e Maria fossero entrambi originari di Nazaret e che fossero tornati a vivere lì dopo la nascita di Gesù, avvenuta a Betlemme. Almeno così dice il Vangelo di Luca, che racconta così l’Annunciazione: «l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe».
Il Vangelo di Matteo però dice che dopo la fuga in Egitto Giuseppe invece di fermarsi in Giudea «si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret»: sembra lasciare intendere che per lui fosse una novità. Cosa significa? Che Maria era originaria di Nazaret ma Giuseppe no?
Piero Tonucci
Per venire a capo di questi interrogativi, è bene riprendere i testi stessi dei Vangeli.
Il vangelo di Luca così scrive: «Al sesto mese [leggi:dal concepimento di Elisabetta], l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,26-27). Più avanti leggiamo: «in quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto» (Lc 2,1-6). Dunque, si dice chiaramente che da Nazareth la santa Famiglia va a Betlemme.
Il ritorno in Galilea avviene dopo gli eventi della presentazione di Gesù al tempio: «quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore [Lc 2,22: «quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore], fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth» (Lc 2,39).
Così avviene quando Gesù compie dodici anni, dato che «i suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua» (Lc 2,41). Dice l’evangelista che Gesù, dopo il suo ritrovamento, «scese con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51).
Il percorso del Vangelo secondo Matteo è del tutto differente. Senza premettere altre notizie, si dice semplicemente: «nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode (Mt 2,1).
Qui, la città del re Davide, Betlemme, viene introdotta sullo sfondo del racconto della genealogia di Gesù. L’evangelista raccoglie suddivide quarantadue nomi in senso discendente in tre serie di quattordici, come dice esplicitamente: «tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici» (Mt 1,17). Ed è lui medesimo a stabilire la ripartizione di questo triplice elenco a base «quattordici» in una sua personale scansione: in realtà le generazioni sono tredici nella prima serie, quattordici nella seconda, segnato dalla vicenda della deportazione, e solo dodici nella terza.
I tre gruppi di quattordici generazioni sottolineano il compimento delle profezie veterotestamentarie: la fedeltà di Dio che non viene mai meno alle sue promesse.
L’umanità nella sua inestricabile connessione tra bene e male è la trama sulla quale si intesse la generazione umana del Figlio di Dio. Matteo ne è consapevole e lo sottolinea col suo stile preciso: così lo stesso numero «quattordici», ripetuto tre volte, indica che Cristo è il vero Davide. Fra le interpretazioni possibili esso risulta, infatti, la somma dei tre numeri (4+6+4) che a loro volta sono l’equivalente delle lettere che compongono il nome del re (D+W+D: in ebraico le consonanti del nome David). Gesù è così il «tre volte» «figlio di Davide» (cf. però Mt 20.21.24, testi nei quali anche Giuseppe è chiamato in questo modo).
Nazareth viene chiamata in causa solo più avanti, alla morte di Erode, il crudele sovrano che aveva dato l’ordine di uccidere «tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi» (Mt 2,6). Prima di questo evento tragico, però, «un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (Mt 2,13-15), avvenuta nel 4 a.C. Dopo una serie di tragici eventi, l’imperatore Augusto decise di affidare ad Archelao, figlio di Erode e di Maltace, con il solo titolo di etnarca, la metà del regno (il resto fu diviso tra Erode Antipa ed Erode Filippo).
Ma qui torniamo alla narrazione di Matteo, che così si esprime: morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno» (Mt 2,19-23).
Nell’anno 6 d.C. Archelao sarà rimosso ed esiliato in Gallia a causa del suo cattivo governo: dunque, è in quest’arco temporale che si svolgono gli avvenimenti narrati da Matteo.
Non bisogna dimenticare, infine, la questione relativa al luogo della nascita di Gesù.
Se ne trova traccia perfino nel vangelo secondo Giovanni: «alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?» (Gv 7,40-42).
Queste affermazioni rendono di fatto non necessaria l’affannosa inchiesta di Erode, dopo l’arrivo dei Magi: «Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele» (Mt 2,4-6).
È dunque vero, in conclusione, che Matteo, per raccontare la nascita del Figlio di Dio, si muove in spazi differenti rispetto a Luca: si tratta di prospettive diverse, ma complementari. Esse, senza bisogno di approfondire dettagli non necessari (di dove erano originari Maria e il suo sposo Giuseppe), o elementi problematici (la data del censimento di Quirinio), testimoniano una volta di più l’autorità dei singoli autori sacri, ispirati dallo Spirito Santo, nel raccontare il «Vangelo di Gesù, il Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1).