Cos’è la «visione intellettuale» raccontata da alcuni santi? La risposta del teologo
Ho letto che esiste, nell’ambito delle esperienze spirituali, la «visione intellettuale o intellettiva». Potrebbe illustrare le sue caratteristiche ed eventuali esempi di soggetti, in ambito ecclesiale, che hanno vissuto tale esperienza?Alessandro Pacini
Risponde don Diego Pancaldo, docente di Teologia spiritualeLa teologia spirituale considera le visione intellettuale come una «conoscenza soprannaturale che si produce mediante una semplice visione dell’intelligenza senza impressione o immagine sensibile». (Royo Marin). Queste visioni, come già scrive Agostino nel suo ultimo libro di commento al Genesi (De Gen. ad litt. 1, 12,c.7) si distinguono dalle visioni corporali o immaginarie e vengono considerate le più eccellenti e le più sicure. Hanno in genere come oggetto realtà che superano le capacità ordinarie dell’intelletto e si presentano in maniera improvvisa e immediata, durano molto tempo e producono effetti profondi nell’anima: una profonda pace, un amore ricco di commozione, una luce che riempie l’intimo dell’anima.Spesso l’oggetto della visione è inesprimibile, ineffabile. Secondo santa Teresa d’Avila, una vera esperta in materia, «il Signore si scolpisce così tanto nell’intelletto, da non poterne dubitare, ancor più che lo si vedesse… il Signore pone nel più profondo dell’anima quel che vuole sia compreso, e lì lo presenta senza immagini o parole» (Vita, c.27, 5-6). La certezza assoluta è un tipico segno della visione intellettuale. Tali visioni possono avvenire attraverso un’illuminazione su idee già precedentemente acquisite dal soggetto, o per specie infuse, cioè con una conoscenza assolutamente nuova donata dallo Spirito. Come esempi della tradizione spirituale potremmo far riferimento alla visione di san Benedetto che, come racconta Gregorio Magno, in una visione poté «abbracciare tutto intero il mondo, quasi raccolto sotto un unico raggio di sole» (Dialoghi II, 35); oppure le visioni intellettuali di santa Teresa d’Avila, descritte nelle seste e nelle settime mansioni del Castello interiore, dove l’anima giunge a una conoscenza esperienziale del mistero trinitario, all’unione trasformante, quando «le si scoprono tutte e tre le Persone della Santissima Trinità» (VII M 1, 6). Già nelle seste mansioni Teresa afferma: «Avviene che l’anima, essendo in orazione e con un’intera libertà dei sensi viene fatta entrare da Nostro Signore in un’estasi in cui le vengono rivelati segreti così grandi che ella crede di vedere in Dio stesso. Benché io usi questa parola ‘vedere’, tuttavia l’anima non vede nulla perché non è questa una visione immaginaria in cui le venga rappresentata la SS. Umanità di Gesù Cristo. È una visione intellettuale che fa conoscere all’anima in qual modo tutte le cose si vedano in Dio e come esse sono tutte in lui.Questa visione è utilissima: nonostante la sua breve durata, che non è che d’un momento, essa rimane profondamente scolpita nella mente» (Castello interiore, VI M, 10, 2).La visione intellettuale, che è una gratia gratis data, non certifica la santità di una persona e richiede anch’essa un adeguato discernimento.