Cosa significa essere «figli di Dio»? Risponde il teologo
Dio è padre di tutti, perché da lui noi tutti siamo stati creati. Il battesimo apre una nuova vita
La prima lettera di san Giovanni apostolo ci parla chiaramente dei Figli di Dio però afferma che non tutti siamo figli suoi se non rinasciamo tramite la forza del suo spirito oltre che ricevere l’acqua del battesimo che è il primo segno per cui vogliamo essere figli suoi.
La mia domanda è questa: tutti coloro che praticano una fede diversa da quella cattolica o chi non crede o è un miscredente è possibile definirlo figlio di Dio?
Marco Giraldi
Risponde don Francesco Carensi docente di Sacra Scrittura
Dobbiamo imparare a usare l’analogia per interpretare correttamente espressioni come questa della nostra figliolanza rispetto a Dio. C’è infatti un essere figli che viene dall’essere creati, per cui Dio è padre di tutti, perché da lui noi tutti siamo stati creati. Questa verità veniva già affermata sia in ambito pagano, dove per esempio leggiamo che «Zeus è padre degli uomini e degli dei», sia in quello ebraico, dove Dio considera e tratta il suo popolo come un padre i suoi figli.
Con la venuta del Figlio siamo chiamati a diventare figli in Lui, quindi, tramite la grazia, a incorporarci nella Chiesa, che è la comunità dei figli di Dio, non in senso esclusivo, ma inclusivo. Quest’appartenenza non deve suscitare in noi sentimenti di superiorità o di disprezzo verso coloro che non hanno ricevuto il Battesimo, ma portarci a riscoprire la nostra e la loro natura creaturale e a vivere nella solidarietà con tutto il genere umano, della cui unità la Chiesa è segno.
Si deve dunque riscoprire la bellezza di essere figli come un dono per tutti gli uomini. Nella prima lettera di Giovanni si dice: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! » (1GV 3,1-3). È un dono grande ma un impegno e non un privilegio di cui vantarsi. Se abbiamo ricevuto questa familiarità con Dio, abbiamo anche una grande responsabilità.
Il cristiano non è al di sopra degli altri. In virtù del battesimo riceviamo una vita nuova che prevale su qualunque differenza: quella etnico religiosa, sociale, di sesso. Nella lettera ai Galati si legge: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,22-29). Essere figli di Dio rende gli uomini uguali in dignità.
Dunque il battesimo non è un mero rito esteriore. Essere battezzati significa ricevere una trasformazione nel profondo, nell’essere più intimo, e possedere una vita nuova: quella che permette di rivolgersi a Dio con le parole di «Abbà», cioè «babbo» o «papà»: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio». (Gal 4,4-7)
Il nostro compito come figli di Dio è quello di rendere concreta la chiamata all’unità di tutto il genere umano. Ciò che esaspera le differenze tra le persone è causa di discriminazioni; per cui tutto questo non ha più fondamento. Siamo chiamati a portare nel mondo questo desiderio di Dio: ogni persona è preziosa davanti a Lui in quanto l’uomo è creato a Sua immagine e somiglianza.
Il battezzato in quanto ha ricevuto questo dono, non può considerarsi superiore nei confronti di esistenze differenti. Essere figli di Dio nel battesimo è un’opportunità che ci porta agli altri uomini come fratelli ai quali far scoprire la bellezza di un Dio che è già nel loro cuore e del quale sono immagine.