Cosa si può dire quando muore un figlio?
Caro Teologo, riflettevo, qualche giorni fa, su una mia affermazione per «tentare» di dare conforto ad una signora che mi è molto cara. Forse le ho detto una stupidaggine, vista la sua reazione. Si tratta di una signora ottantenne e più alla quale, un anno fa, è venuto a mancare l’unico figlio. Due estati fa avevamo tanto pregato per lui: 50 anni, sposato, buon marito, padre di due figli. Anch’io ho un figlio solo e al solo pensiero di quanto soffre questa signora anziana mi immedesimo nel suo dolore e anch’io urlo a Dio che non è giusto.
Ci troviamo spesso in chiesa a recitare il rosario, ci salutiamo, ma il suo dolore lo leggo sul suo volto. Un giorno mentre l’accompagnavo a casa le dissi «Perdoni il Signore, Lo perdoni». In realtà ciò che quel grido significava era «butti il suo fardello su di Lui, confidi in Lui, Lo perdoni e cosi’ Lo amerà ancora di più…» Non mi ha capita. Il concetto di perdono è, purtroppo, slegato dal concetto d’amore: se io perdono Dio, anche nel dolore, mi sciolgo e il mio grido diventa un grido d’amore.
Tra qualche mese ci si ritroverà tutte le sere e io so che il suo volto tradirà ancora il suo dolore: come trovare le parole giuste? Grazie per la risposta.
Lelia Dal Santo
A questo posso soltanto aggiungere che nell’invitare a «perdonare Dio» (come la signora ha fatto con la sua amica) mi pare si crei parecchia confusione. Infatti, se Dio è da perdonare, allora non esiste, diventa il nome di qualcos’altro (non so, la vita, il destino con cui bisogna riconciliarsi, in una sorta di amor fati).
Di Dio, in effetti, noi cristiani sappiamo una sola e fondamentale cosa: che è con noi, uomini finiti, peccatori, mortali. E per questo noi possiamo perdonare a noi stessi e ai nostri fratelli il male fisico, morale, spirituale di cui è ampiamente disseminata l’esistenza.