Come è giusto comportarsi, come cristiani, con chi chiede l’elemosina?Fiammetta FioriRisponde don Leonardo Salutati,docente di Teologia moralePer comprendere lo stile di vita del cristiano nel suo relazionarsi con gli altri, in particolare riguardo al tema della carità, ci vengono in aiuto alcune indicazioni della Scrittura. Inserita nel discorso delle beatitudini riportato dall’evangelista Luca (Lc 6,20 ss.), vi è un’affermazione del Signore Gesù che dice: «E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? (…) fate del bene e prestate senza sperarne nulla [in contraccambio], (…) perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 6,31-32; 35). Nella sua prima lettera S.Giovanni ribadisce «Chi dice di rimanere in lui [Gesù], deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1Gv 2,6). Gli Atti degli Apostoli ci raccontano che «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45).Sono parole che richiedono di essere meditate per fare propri i sentimenti di misericordia di Gesù, che insegnava ai suoi discepoli a distribuire quanto a loro volta ricevevano in dono da chi li serviva con i propri beni per i loro bisogni (cf. Lc 8,3). Un comportamento che doveva essere consolidato nel gruppo dei dodici e che porterà Giuda a dire, in occasione dell’episodio dell’unzione di Betania: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?» (Gv 12,5).Il Concilio Vaticano II ci offre una meravigliosa sintesi quando ci ricorda che l’essere umano «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (Gaudium et spes n.24).Se entriamo in questo orizzonte, che è poi l’orizzonte del Regno di Dio, ogni inclinazione all’egoismo e alla chiusura verrà superata dal desiderio di testimoniare la carità del Signore Gesù che, penetrata nel cuore di innumerevoli uomini, donne, ragazzi, di qualsiasi età e condizione, ha suscitato nella Chiesa e nella società, nel corso dei secoli e ancora oggi, innumerevoli iniziative a sostegno dei bisognosi di ogni tipo, materiali e spirituali.Grazie a queste iniziative, che in molti ambiti si sono istituzionalizzate, come per esempio in quello dell’assistenza sanitaria, della scuola, del sostegno sociale, possiamo affermare che nella nostra città oggi nessuno rischia di morire di fame. Per cui, di fronte a qualcuno che chiede l’elemosina dobbiamo anche distinguere tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri poveri e bisognosi, impiegando un po’ del nostro tempo per fermarsi, guardare in faccia la persona e cercare di capire di cosa abbia veramente bisogno e se si è in grado di fare qualcosa (cf. Papa Francesco, 2016).Tuttavia, memori di quanto affermato nel libro di Tobia: «Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo. In proporzione a quanto possiedi fa’ elemosina, secondo le tue disponibilità» (Tb 4,7-8), anche di fronte a un accattone professionista penso che un caffè si possa offrire a tutti.