C’è un senso nella sofferenza? La risposta cristiana
Ci sono domande che rimangono senza risposta, perché non vogliamo dare risposte che debilitano le nostre credenze e che sono anche per noi fonte di dolore. Pensare che Dio non interviene nelle nostre sofferenze o nell’ingiustizia solo perché Egli stesso non voglia farlo pur avendo la potenza di farlo è un pensiero inconfessabile. Padre David Maria Turoldo parlava di Dio come «condizionato onnipotente», altro concetto irto di difficoltà. Ci rimane solo di amare sempre questo nostro Dio, sempre molto misterioso, con il nostro fardello sempre più pesante di disagi fisici e spirituali, dal quale non debba mai cadere la speranza.Lettera firmata
Risponde don Diego Pancaldo, docente di Teologia spiritualeNella lettera apostolica Salvifici doloris Giovanni Paolo II affermava a che se la sofferenza rimane sempre un mistero, «Cristo ci fa entrare nel mistero e ci fa scoprire il “perché” della sofferenza, in quanto siamo capaci di comprendere la sublimità dell’amore divino… L’Amore è anche la sorgente più piena della risposta all’interrogativo sul senso della sofferenza. Questa risposta è stata data da Dio all’uomo nella Croce di Gesù Cristo».( n.13).Con Cristo, diceva Giovanni Paolo II ai giovani di Roma il 2 aprile 1998, anche la notte più oscura può trasformarsi in un’alba di speranza. In Cristo, che ci rivela il volto del Padre, la sofferenza non viene cancellata, ma trasfigurata e vinta dall’amore. «Cristo si è avvicinato soprattutto al mondo dell’umana sofferenza per il fatto di aver assunto egli stesso questa sofferenza su di sé» (n. 16). «Cristo dà la risposta all’interrogativo sulla sofferenza e sul senso della sofferenza non soltanto col suo insegnamento, cioè con la Buona Novella, ma prima di tutto con la propria sofferenza» (n.17), prendendo su di sé tutti i dolori degli uomini, con quella che Paolo chiamerà «la parola della croce». «L’umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all’amore, a quell’amore del quale Cristo parlava a Nicodemo, a quell’amore che crea il bene ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla Croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio. La Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d’acqua viva. In essa dobbiamo anche riproporre l’interrogativo sul senso della sofferenza, e leggervi sino alla fine la risposta a questo interrogativo». (n. 18).In Cristo infatti «ognuno è anche chiamato a partecipare a quella sofferenza, mediante la quale si è compiuta la redenzione. È chiamato a partecipare a quella sofferenza, per mezzo della quale ogni umana sofferenza è stata anche redenta. Operando la redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha elevato insieme la sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi anche ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo». (n.20)Lo vediamo con chiarezza nella testimonianza dei santi che realizzano la loro missione, come diceva Giorgio La Pira «pregando, amando e soffrendo», unendo le proprie sofferenze alle sofferenze di Cristo. «Non l’attività umana ci può aiutare ma solamente la passione di Cristo. Il mio desiderio è quello di parteciparvi» affermava Edith Stein. In Spe salvi papa Benedetto ai numeri 36-40 parla della sofferenza come luogo di apprendimento della speranza. Egli sottolinea come bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza, ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità. «Questo potrebbe realizzarlo solo Dio: solo un Dio che personalmente entra nella storia facendosi uomo e soffre in essa» (n.36). In Gesù Cristo noi possiamo cogliere un Dio che ha voluto soffrire per noi e con noi: «Bernardo di Chiaravalle – afferma papa Benedetto – ha coniato la meravigliosa espressione: Impassibilis est Deus, sed non incompassibilis – Dio non può patire, ma può compatire. L’uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza… I santi poterono percorrere il cammino dell’essere uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima di noi, perché erano ricolmi della grande speranza» (n. 39).La loro lezione ha un profondo significato anche per noi : essi si sono lasciati trasfigurare da un Amore che li ha resi dei somigliantissimi, hanno seguito il Maestro fino in fondo, anche sulla via del Calvario, facendo delle proprie sofferenze un’offerta: «Il cantico della nostra sofferenza unita alle Sue sofferenze è ciò che più rapisce il suo cuore» scriveva in una lettera alla sorella Celina Teresa di Lisieux.