Cattolici e ortodossi, la Pasqua comune è una coincidenza provvidenziale
Quest'anno la Pasqua cattolica e quella ortodossa coincidono. Perché invece di solito sono in periodi diversi?

Ho letto che quest’anno la Pasqua cattolica e quella ortodossa coincidono. Perché invece di solito sono in periodi diversi? Adesso che le reciproche scomuniche sono state tolte, non sarebbe possibile trovare una data comune?
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
Il 2025 è l’anno che vede la celebrazione di tre eventi, il Giubileo, il XVII centenario del concilio di Nicea e la coincidenza della stessa data in cui cade la celebrazione della Pasqua per i cattolici e gli ortodossi.
L’Anno Santo commemora in maniera solenne la nascita di Gesù, il Figlio di Dio che si è fatto uomo per la salvezza dell’umanità, il mistero pasquale. La salvezza dell’umanità con l’incarnazione del Verbo, Figlio di Dio e vero uomo, e l’evento della Pasqua di Risurrezione furono due questioni fondamentali dibattute nel primo concilio ecumenico di Nicea, di cui il prossimo 20 maggio il mondo cristiano farà memoria a 1700 anni dall’apertura.
I Padri conciliari a Nicea condannarono come eretica la dottrina di Ario che con l’intento di salvaguardare l’idea dell’unicità di Dio negava la divinità di Cristo. Il Concilio dichiarò che per la fede cristiana Gesù Cristo è Figlio di Dio, uguale al Padre nella divinità. La domanda che viene sollecitata dal nostro lettore riguarda l’altro punto che ha interessato il dibattito del primo Concilio ecumenico fissando la scadenza della data annuale della celebrazione della Pasqua. Il contesto conciliare della questione rileva che la decisione non era una formalità burocratica, ma interessava la celebrazione dell’unico evento salvifico che ogni anno si ripropone e si attualizza come memoriale. Infatti, il frutto più importante del Concilio fu la formulazione del Simbolo, completato l’anno successivo, nel 381 dal Concilio di Costantinopoli, cioè un testo che esprimesse in maniera sintetica la retta fede professata dalla Chiesa nella Trinità. In particolare il Simbolo di Nicea riconosce nel Signore Gesù Cristo il Figlio di Dio, Dio vero da Dio vero, luce da luce, «consustanziale» al Padre, esattamente ciò che l’eresia negava.
Come si sa la Pasqua è una festa mobile, la ricorrenza non cade nello stesso giorno come il 25 dicembre per il Natale. A Nicea fu deciso che la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, e cioè la prima luna piena a partire dal giorno dell’equinozio di primavera, che in quegli anni cadeva in media il 21 marzo, divenisse per la Chiesa la data convenzionale, ma non sempre astronomicamente vera, dell’equinozio.
La primavera inizia convenzionalmente il 21 marzo. Bisogna quindi individuare la prima luna piena dopo il 21 marzo, e la Pasqua cadrà nella prima domenica dopo quel plenilunio.
Gli ortodossi celebrano la Pasqua in un’altra data, benché la luna piena avvenga nello stesso giorno in tutto il mondo. La ragione va ricercata nel diverso calendario che viene seguito. Gli ortodossi usano almeno per le festività religiose ancora il calendario giuliano, così chiamato perché lo si deve a Giulio Cesare che lo introdusse a Roma nel 46 a. C. rimasto in uso in Europa fino al 1582.
Era un calendario che prevedeva una durata media dell’anno di 365,25 giorni, con un anno bisestile ogni quattro. Quel calendario accumulava però un errore di circa 11 minuti ogni anno. Un errore piccolo, che però si faceva sempre più grande con il passare degli anni.
L’equinozio di primavera avveniva infatti ormai dieci giorni prima rispetto alla data del 21 marzo e si stava creando uno sfasamento sempre maggiore perché quando arrivava la data considerata «inizio della primavera», la stagione era iniziata già da dieci giorni. Questo divario sarebbe aumentato sempre più col passare del tempo e 1500 anni dopo Nicea l’errore si era trasformato in giorni di differenza tra l’anno solare e quello civile, facendo slittare la data di celebrazione della Pasqua verso l’estate.
Nel 1582 papa Gregorio XIII, con la bolla Inter gravissimas, introdusse la riforma del calendario, che da quel momento si sarebbe chiamato calendario gregoriano. Eliminò con un sol tratto di penna dieci giorni dal mese di ottobre, stabilendo che dopo il giovedì 4 ottobre del 1582, si sarebbe passati direttamente a venerdì 15 ottobre.
La riforma stabilì inoltre che sarebbero stati bisestili soltanto gli anni secolari divisibili per quattrocento, recuperando in questo modo l’errore del calendario giuliano.
Come semplice curiosità, ma anche come esempio concreto che chiarisce bene quanto stiamo dicendo, il primo effetto di questa riforma riguardò santa Teresa d’Avila morta proprio il 4 ottobre 1582, giorno di decadenza del calendario giuliano, per questo ricordata in seguito il 15 ottobre come memoria liturgica che normalmente coincide con la data della morte. Quindi la morte di S. Teresa avvenne il 4 ottobre, nello stesso giorno in cui si avvicendavano i due calendari, producendo come effetto immediato lo slittamento del computo della data dal 4 ottobre al 15 ottobre.
Il calendario gregoriano fu introdotto fin da subito dai Paesi cattolici d’Europa estendendosi anche nelle attuali Polonia, Lituania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. In altri paesi del mondo passarono secoli prima che venisse adottato il calendario gregoriano.
Nei paesi dove si celebra la Pasqua ortodossa nella vita civile si utilizza il calendario gregoriano, mentre il calendario religioso segue ancora quello giuliano. Di conseguenza la Pasqua ortodossa si sta spostando sempre più verso aprile-maggio, e di fatto sta accadendo ciò che aveva temuto Gregorio XIII, con lo spostamento della Pasqua verso l’estate.
Lo scorso 25 gennaio, nella consueta partecipazione del Santo Padre nella basilica di San Paolo fuori le Mura per la ricorrenza annuale della festa della conversione di san Paolo, papa Francesco ha chiuso la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sottolineando che la prossima Pasqua troverà cattolici e ortodossi a celebrarla il 20 aprile, quindi nello stesso giorno. Un fatto «provvidenziale», ha definito il Papa, la coincidenza nel calendario gregoriano e quello giuliano della ricorrenza della Pasqua nello stesso giorno come se la Chiesa fosse ancora indivisa, auspicando che i tempi siano maturi per arrivare a prendere una decisione definitiva sulla comune data di celebrazione.
In questo contesto, il Papa afferma che «L’anniversario del Concilio di Nicea rappresenta dunque un anno di grazia, un’opportunità per tutti i cristiani che recitano lo stesso Credo e credono nello stesso Dio: riscopriamo le radici comuni della fede, custodiamo l’unità!».
L’anniversario, infatti, non deve essere celebrato solo come memoria storica, ma anche come «impegno a testimoniare la crescente comunione tra di noi». Suo augurio è che questo anniversario di Nicea sia «un richiamo a perseverare nel cammino verso l’unità»”.
E guardando alla Pasqua il Papa chiede che «questa coincidenza serva da richiamo a tutti i cristiani a compiere un passo decisivo verso l’unità, intorno a una data comune…». «Questo è il tempo di confermare la nostra professione di fede nell’unico Dio e di trovare in Cristo Gesù la via dell’unità».
Di fronte allo scandalo di questa divisione, come lo ha definito da papa Francesco, anche il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I in vista della comune ricorrenza della data di Pasqua del 2025, ha invitato a pregare «il Signore affinché la celebrazione comune della Pasqua non sia una felice coincidenza, un evento fortuito, ma l’inizio della fissazione di una data comune per il cristianesimo occidentale, in vista del 1700 anniversario, nel 2025, della convocazione del primo Concilio ecumenico a Nicea, che tra l’altro affrontò anche la questione della regolamentazione del tempo della celebrazione della Pasqua».
Quindi il 2025 ci dona non solo una felice coincidenza, ma un fatto da leggersi in modo provvidenziale: il Giubileo, la ricorrenza del XVII centenario del Concilio ecumenico di Nicea, la comune data di celebrazione della Pasqua della Chiesa di Occidente e della Chiesa di Oriente.