Adorazione eucaristica: come è nata e quale significato ha?
La Chiesa, ad ogni livello, raccomanda la pratica dell’Adorazione Eucaristica. Questa liturgia avviene con la presenza dell’Ostensorio che contiene il Santissimo, rappresentato da un’ostia consacrata in precedenza. Le chiedo: da dove origina questa liturgia? Le prime comunità cristiane celebravano l’Eucaristia, facendo quello che facciamo noi adesso: il pane e il vino consacrati venivano distribuiti poi tra i presenti e una parte del pane veniva consegnata ad un incaricato perchè lo portasse ai malati che non avevavo potuto assistere alla celebrazione. Le chiedo ancora: perchè noi conserviamo questa specie divina, in cui attribuiamo la presenza reale del Signore, a tempo indeterminato, quasi fosse un bene di consumo? Non sarebbe più comprensibile considerare la presenza reale del Signore solo al momento della transustanziazione, come facevano i primi cristiani? Perchè poi racchiudere il Signore in uno spazio limitato per poi esporlo, come si fa con le reliquie, quando già mi sembra un limite lo stesso edificio della chiesa?
Mario Falziroli
Nel Nuovo Testamento (vangeli sinottici, San Paolo, San Giovanni) e nella tradizione dei primi cristiani, l’eucarestia è il cibo da mangiare e il sangue da bere: «prendete e mangiate….prendete e bevete…» Questo è e rimane lo scopo primo e fondamentale dell’eucarestia. Non si può dire, invece, come sembra ritenere il nostro lettore, che quel mangiate e bevete abbia valore solo durante la celebrazione, terminata la quale quel pane e quel vino non hanno più nessun valore particolare. Interroghiamo la storia della chiesa.
Un celebre passo di San Giustino, nella sua prima apologia (siamo nel secondo secolo d.C) ci dice come veniva celebrata la Messa da questi primi cristiani. Dal testo emerge chiaramente la fede nella reale presenza, come dirà in seguito la teologia scolastica medievale, del Signore Gesù nel pane e nel vino eucaristicizzati e che tale presenza-significato non è limitata al momento della celebrazione, poichè viene portata agli assenti, senza limiti di tempo. Le testimonianze al riguardo sono innumerevoli: chi non ricorda la figura di san Tarcisio, esaltata dai distici di papa Damaso (366-384), che difese con la vita dalla profanazione dei pagani l’eucaristia che portava ai malati?
L’archeologia e la pittura ci testimoniano le prime custodie eucaristiche: scatolette di avorio, di metallo da portare al collo per portarla ai malati, in viaggio. Nelle Costituzioni Apostoliche, una raccolta di leggi, di preghiere, di usanze liturgiche nata nell’ambiente antiocheno nel quarto secolo, si legge alla fine della descrizione della Messa: «Dopo che tutti e tutte abbiano comunicato, i diaconi, raccolti i resti, li portino nel pastoforio» (Libro VIII, 13) un luogo particolare per conservarla che possiamo considerare l’antenato del nostro tabernacolo.
Non finiremmo più di citare Padri della chiesa, testi liturgici, usanze particolari al riguardo. Lungi dall’essere confinata sull’altare, l’eucaristia parte da lì, va nelle case dei fedeli, li segue nella loro vita quotidiana, nei loro viaggi, soprattutto nell’ultimo viaggio, il viatico. Questa presenza della eucaristia nei luoghi più disparati, è per noi impensabile: Novaziano (morto intorno al 258) si lamenta che ci siano cristiani che dopo la celebrazione vadano tranquillamente con l’eucarestia allo stadio!, invece di portarla a casa secondo l’uso. (De spectaculis III)
Mi sono dilungato, anche troppo, su questi aspetti della antichità cristiana perchè sia chiaro che la fede cristiana non ha mai ritenuto l’eucaristia un mero simbolo valido soltanto durante la celebrazione. Il passo dalla custodia alla venerazione, anche pubblica, è breve e anche comprensibile. Tuttavia è complicato e non privo di ambiguità teologiche. Sono le controversie teologiche medievali sul modo della reale presenza del Signore nell’eucaristia, sul senso e significato dei segni eucaristici (transustanziazione) che portano un rinnovamento della dottrina e della prassi ecclesiale.
Si accentua con riti e preghiere la fede nella reale presenza del Signore nel pane e nel vino consacrati: processioni, benedizioni eucaristiche, la stessa festa del Corpus Domini (istituita nel 1264) celebrano questa Presenza. Nascono in questo periodo celebri preghiere che fanno parte anche oggi del patrimonio eucologico della chiesa: «adoro te devote» e «ave verum corpus» e «pange lingua»… Il concilio di Trento (1545-1563) respinge la dottrina protestante sulla Messa e sul suo significato, ribadendo il valore sacrificale della stessa e la reale presenza di Cristo negli elementi consacrati. Nell’800 si assiste ad un ulteriore sviluppo dell’adorazione con la fondazione di congregazioni eucaristiche, di congressi, unioni per l’adorazione notturna ecc… che si muovono nella prospettiva della riparazione delle offese al Signore presente, della consolazione al Signore nascosto nel tabernacolo (il divin prigioniero…). Agli inizi del secolo scorso san Pio X inizia un cammino di riunione tra la celebrazione e l’adorazione con i decreti sulla comunione frequente, sulla comunione ai bambini ecc.
Questo cammino ha, a mio parere, il suo punto più significativo nelle riforme liturgiche del Concilio e post-concilio. Citiamo soltanto un documento molto importante per quanto riguarda il nostro problema: «Non sarà fuor di luogo ricordare che lo scopo primario e originario della conservazione nella chiesa delle sante specie al di fuori della messa è l’amministrazione del viatico; scopi secondari sono la distribuzione della comunione al di fuori della messa e l’adorazione di nostro signore Gesù Cristo presente sotto quelle specie. Infatti la conservazione delle sacre specie per gli infermi fece sorgere la lodevole abitudine di adorare questo cibo eucaristico, che è riposto nel tempio. E invero questo culto di adorazione poggia su valida e solida base, soprattutto perchè la fede nella presenza reale del Signore conduce naturlmente alla manifestazione esterna e pubblica di quella fede medesima». (Eucharisticum mysterium, n.49; 25-5-1976)
Appaiono allora chiare le ragioni della adorazione eucaristica come prolungamento della celebrazone-comunione eucaristica e che ad essa rimanda. Di conseguenza anche le modalità concrete della adorazione devono servire a mettere bene in luce questa unità fra celebrazione e adorazione: «Nelle esposizioni si deve porre attenzione che il culto del santissimo Sacramento appaia con chiarezza nel suo rapporto con la messa: nell’apparato dell’esposizione si eviti con cura tutto ciò che potrebbe in qualche modo oscurare il desiderio di Cristo, che istituì la santissima eucaristia principalmente perchè fosse a nostra disposizionecome cibo, rimedio e sollievo». (Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico, n.98)
Di tutt’altra natura è la venerazione (mai l’adorazione!) delle reliquie. E lo stesso per lo spazio della chiesa che non intende essere l’abitazione-limitazione del Signore (v. Rito della dedicazione delle chiese). Ma, come si dice, questo è un altro discorso e diverrebbe troppo lungo.