Da tempo mi chiedo a cosa servano le messe per i defunti. Cosa significa celebrare «in suffragio di…» e perché lo si fa, se la misericordia di Dio è tanto grande? Le miriadi di fratelli che non hanno avuto, e non avranno, questo «servizio» saranno anime di serie B? Non credo. Scusate il tono polemico ma io credo, spero, di essere salvata al pari di molti che il Signore non lo hanno neppure sentito rammentare. Grazie e buon lavoro, prego per voi!Lettera firmata
Risponde p. Francesco Romano, docente di Diritto canonico
Da sempre la Chiesa applica i frutti salvifici della Messa anche per le intenzioni particolari suscitando a volte perplessità simili a quelle che la nostra gentile lettrice ci offre come argomento di riflessione.La celebrazione della Messa perpetua e attualizza ogni volta il sacrificio che Cristo ha compiuto sulla croce. Ogni Messa è quindi il sacrificio perfetto compiuto da Cristo che si perpetua nel tempo con gli stessi effetti salvifici che il primo produsse.Quindi il fatto certo da cui iniziare a rispondere alla lettrice è che la celebrazione eucaristica attualizza il mistero della nostra redenzione i cui frutti sono destinati all’intera umanità sia a favore delle anime dei fedeli che ci hanno preceduto, delle quali si presume che almeno si trovino in Purgatorio, sia di coloro che sono insieme radunati intorno alla celebrazione eucaristica, sia di coloro che potenzialmente sono destinati ad accrescere il Corpo di Cristo che è la Chiesa.Infatti, i frutti sovrabbondanti del Sacrificio eucaristico sono a vantaggio dell’intera umanità, ma in modo particolare di tutta la Chiesa quale corpo intimamente già unito al suo Capo. Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che «Tutta la Chiesa è unita all’offerta e all’intercessione di Cristo» e tra l’altro, recita: «In quanto sacrificio, l’Eucaristia viene anche offerta per tutti i fedeli vivi e defunti, in riparazione dei peccati di tutti gli uomini e per ottenere da Dio benefici spirituali e temporali. Anche la Chiesa del cielo è unita nell’offerta di Cristo» (CCC, n. 1369).Partecipano allo stesso modo ai frutti della redenzione anche tutti i fedeli ancora pellegrini sulla terra, quelli che si trovano nella gloria del cielo, ma anche coloro che «sono morti in Cristo e non sono ancora purificati».Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma al n. 1032: «Fino dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti».La parola «suffragio» ha la stessa radice della parola latina fragmen, cioè quel pezzo di coccio che veniva usato dai Romani e dai Greci per esprimere il proprio voto soprattutto nei tribunali. Ancora oggi dare il suffragio o avere il diritto al suffragio significa votare. Nel caso di suffragio per i defunti offerto con la Messa significa raccomandare al Signore l’anima del proprio «candidato» defunto affinché sia abbreviato il periodo di permanenza nel Purgatorio.La salvezza universale è quindi intimamente connessa nella celebrazione dell’Eucaristia all’applicazione universale dei frutti della redenzione a beneficio dell’intero Corpo mistico. Tuttavia essa si concilia con la prassi immemorabile della Chiesa di applicare gli stessi frutti redentivi anche per intenzioni particolare, una cosa non esclude l’altra.Questa prassi viene recepita dal can. 901 del Codice di Diritto Canonico che riconosce il diritto del sacerdote di «applicare» la Messa per chiunque, sia per i vivi che per i defunti. Il significato del termine «applicazione» indica che il ministro del Sacrificio eucaristico può destinare il frutto derivante dalla sua celebrazione a una determinata persona viva o defunta che sia.La dottrina tradizionale della Chiesa insegna che alla celebrazione eucaristica è collegato un patrimonio spirituale. A seconda del tipo di frutti che esso genera si hanno più destinatari che ne beneficiano:all’intera Chiesa per istituzione di Cristo va il frutto generale che si produce «ex opere operato».In tutti i restanti casi i frutti scaturiscono «ex opere operantis» e cioè:– alla persona del celebrante va un frutto specialissimo senza alcuna particolare intenzione che non può trasferire ad altri;– alla persona del celebrante come frutto speciale, detto «ministeriale», di cui ha potestà di cederlo alla persona che desidera;– alla persona dei fedeli va il frutto ricavato dalla partecipazione alla Messa.Come è possibile osservare con facilità, ogni celebrazione eucaristica produce frutti salvifici per tutta la Chiesa, per tutte le anime del passato e del presente, ma anche per coloro che non fanno parte della Chiesa, cioè per l’umanità intera. In questo senso sgombriamo subito il campo da equivoci come quello di suddividere le anime collocandone alcune nella categoria di «serie B». Sarà sufficiente ascoltare una delle preghiere eucaristiche nella parte che il sacerdote recita immediatamente dopo la consacrazione per accertarsi quanto sia universale l’estensione con cui la Chiesa applica i frutti salvifici del Sacrificio eucaristico. Per esempio, la Preghiera eucaristica II: «Ricordati anche dei nostri fratelli e sorelle che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e, nella tua misericordia, di tutti i defunti: ammettili alla luce del tuo volto».Fatte queste precisazioni dottrinale, la nostra lettrice è nel giusto e può essere sicura nel nutrire la speranza che come lei sono raggiunti dalla salvezza anche quanti neppure hanno conosciuto il Signore o che non lo hanno accolto senza loro colpa. Pur non sapendolo, l’intera Chiesa prega per tutti, e continuerà a pregare anche quando nessuno se ne ricorderà più di farlo.