Una vera Messa di Pasqua nel giorno di «pasquetta»

A un sacerdote, dopo la carrellata delle celebrazioni della Settimana Santa e di Pasqua, può succedere di non avere un orario per dire la Messa del giorno di «pasquetta». È quello che mi è successo pochi giorni fa, per la pasquetta di quest’anno, il primo aprile. Mi sono domandato: «Dove celebrare, per non dire la Messa alle panche di una chiesa deserta?»…. «Ma alla casa del clero c’è il P. Beniamino Giovannuzzi, di ottantotto anni e lì la Messa la concelebrano, tutti insieme, alle dieci e trenta». Detto fatto. Mi presento al direttore, don Gabriele Cecchini che mi accoglie con piena cordialità.

Mentre entro in cappella mons. Vasco Bertelli, come P. Giovannuzzi anche lui di ottantotto anni, memore di antichi incontri, mi dà una fraterna pacca sulle spalle. Una pacca di mons. Bertelli scende sempre dall’alto.

I sacerdoti concelebranti sono ventisei. La Messa comincia con un canto: «Chiesa di Dio, popolo in festa, alleluia, alleluia! Popolo in festa, canta la gioia, il Signore è con te». C’è, là dietro, qualche voce che fa da guida, ma il canto risuona possente. Questi uomini che hanno speso la vita per gli altri, hanno ancora del fiato per cantare di festa, cantare alleluia, cantare di gioia. Fatte le debite proporzioni, il canto solenne delle Cattedrali a Pasqua, non ha la forza e la risonanza di questo canto.

Don Mennuti, di novantadue anni, legge la prima lettura. Fossero così squillanti le letture nelle nostre parrocchie!Il presidente della concelebrazione è don Alessandro Lombardi, vice rettore del seminario e incaricato della pastorale giovanile. È abituato ai giovani. Il tema della snella omelia: «Sentiamoci Chiesa». Tutti. I giovani che don Lombardi incontra tutti i giorni, ma anche questi ventisei di oltre ottant’anni che sono giovani di spirito. E i canti si alternano: «Mistero della cena»; il «Santo»; la conclusione della preghiera eucaristica; «Dov’è carità e amore, lì c’è Dio».

Quando don Lombardi, in un passaggio dice: «Questa è la mia Pasqua», io commento dentro di me: «È la mia pasquetta», meglio di tante pasque e sento il bisogno di uscire di dietro la colonna, per vedere questi che cantano e «ripassano» nelle parole del celebrante la loro ottantenne giovinezza. A un certo punto un canto inatteso: «Quanta sete nel mio cuore». Hanno bevuto tante volte alla fonte della vita, ma ancora hanno sete e guardano con gli occhi ormai obnubilati, ma con un cuore giovane, verso un’altra Pasqua, a cui non seguirà una scialba pasquetta. L’ultimo canto è il «Regina Coeli». Il gregoriano va cantato sapendo scandire bene anche la lingua latina. In bocca a questi uomini di altra epoca anche questo aspetto conta. È stato un Regina Coeli veramente squillante e pasquale. E questi canti li proclamano interi, tutte le strofe del libretto. Non deve restare fuori nemmeno una sillaba.

Grazie però anche a chi ha organizzato il libretto dei canti, in un carattere tipografico più grande e in grassetto, mentre altri libretti dei canti delle nostre chiese sono a volte in un carattere così minuto che chi ha qualche anno legge con difficoltà. E poi ci lamentiamo che alla Messa domenicale sono in pochi a cantare! Grazie a quei ventisei preti anziani! Non rimpiango di non essere andato in Cattedrale, men che meno in San Pietro. Non avrei mai pensato a una Messa pasquale così «forte». È stata una Messa davvero di Pasqua e non di «pasquetta».

P. Giancarlo RocchiccioliFirenze

Ringrazio padre Rocchiccioli, scolopio, amico del giornale da lungo tempo, per questa bella testimonianza che si riferisce al Convitto ecclesiastico di Firenze. C’è davvero di che meditare. Soprattutto all’interno delle nostre comunità, troppo spesso incapaci di far trasparire quella gioia pasquale che dovrebbe caratterizzare almeno ogni liturgia festiva. Davvero bello l’esempio di questi «giovani» preti vecchi. E pensare che tra loro, fino a qualche giorno prima c’era un altro stupendo esempio di gioia cristiana autentica: don Renzo Rossi, il prete «più gioioso e più obbediente», come l’ha definito il cardinale Giuseppe Betori nell’omelia del funerale il 27 marzo scorso. Insomma, davvero un bel gruppo di preti, di quelli che ci credeno davvero e lo sanno dimostrare, di quelli di cui abbiamo sempre più bisogno. E per fortuna sono molti di più di quanto a volte si pensi.

Andrea Fagioli