Un ministro degli esteri «cattolico»

Caro Direttore,alcuni mesi fa, in risposta a un’opportuna provocazione di Andrea Fagioli sul «silenzio» dei laici cristiani, ho ricordato alcuni motivi che a mio parere possono frenare l’esercizio di un franco «sì sì, no no» evangelico nelle tante questioni che richiederebbero una loro coraggiosa assunzione di responsabilità. Proseguendo quella riflessione, vorrei ora aggiungere che un positivo «protagonismo» dei cristiani nella vita civile può talvolta scontrarsi contro due accuse (non sempre immotivate).

La prima è quella di una certa unilateralità di giudizio. I cristiani, si dice, sono sensibili solo ad alcune questioni, mentre su altre sono latitanti o quantomeno «distratti». Per esempio, l’impegno (sacrosanto) a difesa della vita deve fare i conti con l’obiezione che si tratta prevalentemente di un impegno per la vita nascente e che – come nel caso di Bush – una linea antiabortista non basta a guadagnare a un politico il titolo di «amico della vita» se la sua azione non è ugualmente attenta alle mille quotidiane offese che vengono portate alla vita in tutte le sue manifestazioni (condizioni vergognose in cui il nostro nord mantiene il sud del mondo, violazione dei diritti umani, sfruttamento del lavoro ecc.).

Una seconda accusa è quella di condurre battaglie dettate soprattutto – o comunque anche – dall’interesse, come sul diritto dei genitori a scegliere la scuola per i figli (dietro cui si individua il tentativo di ottenere vantaggi economici per le scuole cattoliche).

Non entro nel merito delle singole questioni. Mi interessa solo osservare che se questo è vero, se cioè effettivamente la presenza civile e politica dei cristiani può incontrare difficoltà di questo tipo, allora si dovrebbero considerare preziose le occasioni in cui invece la posizione cattolica è «al di sopra di ogni sospetto» (nel senso che non si presta ad accuse del genere), e si può dunque legittimamente pensare di costruire intorno ad essa un consenso più ampio.Una di queste occasioni si sta presentando – se la si volesse cogliere – proprio in queste settimane: la nomina, che sembra ormai vicina, del nuovo ministro degli esteri. Il cattolicesimo politico che nel dopoguerra – come ci ha ricordato la recente giornata di Vallombrosa (v. gli ultimi due numeri di TOSCANAoggi) – ha dato prova in politica estera di intuizioni importanti (l’unione fra gli stati europei) e di grande equilibrio e apertura (capacità di tenere in vita il dialogo anche durante la guerra fredda), avrebbe sicuramente le carte in regola per rivendicare la titolarità di un ministero così decisivo in un’epoca di profonda crisi come la nostra. Su questo tema, i cristiani dei due poli potrebbero trovarsi uniti, al di là delle logiche di schieramento, nell’indirizzare una scelta che rischia altrimenti di essere dettata – qui sì! – dall’interesse (politico, economico, militare).Ho usato il condizionale perché un’operazione del genere richiederebbe una classe politica cattolica che, senza iattanza, sia però consapevole dei propri valori e pronta a farli pesare. Purtroppo la subalternità di cui essa ha ripetutamente dato prova (i cattolici dell’Ulivo, per esempio, permettendo, dopo la caduta di Prodi, il pateracchio del governo D’Alema-Cossutta-Cossiga; quelli del Polo accogliendo senza riserve nel Ppe un movimento come Forza Italia, palesemente estraneo alla tradizione del popolarismo cristiano) non autorizza in proposito grandi speranze.Francesco MichelazzoFirenze Non credo che i cattolici impegnati in politica debbano preoccuparsi troppo di questo tipo di accuse a meno che… non siano vere. Una certa «unilateralità» può essere giustificata dalla insensibilità degli «altri» per certi temi. È però importante non assolutizzare mai le proprie battaglie. Credo, ad esempio, che con onestà si debba approvare il presidente Bush per certe decisioni (come quelle sulla difesa della vita nascente, appunto) e contestare per altre (come sull’ambiente, o sulla pena di morte). Il cristiano in questo dovrebbe essere estremamente libero. Sul diritto dei genitori a scegliere la scuola dei propri figli, l’errore più grave è credere che sia un problema «nostro». In realtà è solo in Italia che questa richiesta viene bollata come «cattolica», mentre è un diritto che altrove è condiviso da tutta la società.Sulla questione poi del ministro degli esteri condivido in pieno le preoccupazioni, specie alla luce di quanto avvenuto con Ruggero. Non vedo però come una «lobby» cattolica, trasversale agli schieramenti, possa influenzare il presidente del Consiglio nella scelta del nuovo ministro. Più facile che assieme i cattolici possano esprimersi in parlamento sulle scelte concrete di politica estera.