Un «Gay pride» non vale certo la visita di un Papa
Caro direttore, ho scoperto lunedì leggendo «Repubblica» che il Gonfalone di Firenze era in piazza San Pietro dopo che era stato deciso di non mandarlo al «Gay pride». Io a Roma non c’ero e quindi non lo sapevo, anche se sapevo del pellegrinaggio dal Papa perché c’erano alcune persone della mia parrocchia. Ho capito anche che il sindaco avrebbe fatto un po’ di confusione nel prendere questa decisione, anche perché lui poi al «Gay pride» c’è andato. Ho letto che addirittura ne dovrebbe parlare in Consiglio comunale. Onestamente non so dire cosa sarebbe stato giusto fare, anche perché mi sembra un problema meno importante di tanti altri e forse il Comune farebbe bene a pensare alle buche per le strade, alla spazzatura o agli autobus sempre pieni che per chi è un po’ anziano come me a volte non riesce nemmeno a salirci sopra o a scendere. A conti fatti, forse, io il Gonfalone non lo avrei mandato da nessuna parte. Tanto a che serve?
Apprezzo la schiettezza del nostro lettore, ma un Gonfalone serve, eccome: è il simbolo stesso di una città, la rappresenta in modo ufficiale. All’amico, che già intuisco lettore di almeno due giornali (questo e «La Repubblica») e non è poco soprattutto in certi tempi, dico anche che del Gonfalone in San Pietro ne avevano parlato altri quotidiani il giorno prima, domenica, riferendo del grande pellegrinaggio a Roma della diocesi di Firenze (sabato 18), a un mese di distanza da quello della diocesi di Prato, compiuto per lo stesso motivo: ringraziare Papa Francesco per la visita del novembre scorso, la prima in assoluto in Toscana, e approfittare dell’anno giubilare per il passaggio della Porta santa e partecipare alla Messa celebrata nella basilica vaticana dal cardinale Giuseppe Betori di fronte ad almeno tremila fedeli. «La Repubblica» di questo non ha dato conto, nemmeno riprendendo notizie d’agenzia, che pur c’erano (l’Ansa, ad esempio, aveva un inviato). «La Repubblica», sempre intesa come cronaca locale, ne ha parlato solo lunedì, ma per riferire delle proteste di un consigliere comunale di Firenze e per commentare la questione del Gonfalone con un breve corsivo siglato f.g. e intitolato «La confusione». Domenica invece ha parlato ampiamente del «Gay pride», ma anche, tanto per stare in tema di religioni, della futura moschea islamica e della comunità ebraica che tra un anno eleggerà il nuovo rabbino.
Dico questo per far capire che l’interpretazione delle notizie, o addirittura la loro «censura», dipende dal giornale che si legge. Per questo ho l’impressione che la confusione non la faccia il sindaco di Firenze, ma la facciano altri confondendo una manifestazione come il «Gay pride» con una visita di un Papa, che oltre a essere il capo universale della Chiesa cattolica è anche un capo di Stato estero a tutti gli effetti. A questo punto dirò di più: pur apprezzando la coerenza del sindaco di Firenze, Dario Nardella, che non ha concesso al «Gay pride» il patrocinio del Comune ma è andato alla manifestazione a titolo personale e senza fascia tricolore, forse sarebbe stato meglio che con la fascia tricolore fosse andato dal Papa insieme al Gonfalone.
Andrea Fagioli