Tocca ai giovani cambiare il Paese, non fuggano
Qualche anno fa, parlando con i nipoti più grandi che allora frequentavano le scuole superiori, mi dissero che, una volta laureati, sarebbero andati a lavorare all’estero pensando che avrebbero avuto maggiori opportunità. Li invitai a considerare che la loro vita lavorativa in Italia avrebbe potuto far bene al nostro Paese. Non presero in grande considerazione la mia sollecitazione. Ora, ci siamo. Il maggiore, 24 anni e mezzo, a giorni conseguirà la laurea in Fisica presso l’Università di Pisa avendo preparato la tesi durante un soggiorno di 6 mesi a Parigi presso quella Università. Poi? «Andrò a Barcellona per un dottorato di ricerca; tre, quattro anni». «Le università italiane possono offrirti analoghi ulteriori studi?» «Purtroppo non nel settore della fisica che più mi interessa e neppure in fatto di trattamento economico».
Il secondo nipote, 21 anni appena compiuti, ha terminato con ottime votazioni gli esami del secondo anno di Scienze Politiche presso l’Università di Firenze, e ora è a Lione per l’Erasmus fino a febbraio 2020. «Ma cerco di anticipare i tempi in modo da completare gli esami del terzo anno e conseguire la laurea triennale già a giugno». Poi? «Dopo la laurea magistrale, conto di trasferirmi all’estero». Le nipoti, quinta e prima liceo classico, speriamo trovino, al momento della laurea, un Paese migliore, in grado di accontentare le loro lecite richieste di lavoro.
Nonno Augusto
Carissimo Nonno Augusto, la sua è una riflessione amara ma che spero possa avere un lieto fine. Vede, qualche anno fa, un attore famoso, di cui preferisco non fare il nome perché qualcuno potrebbe fraintendere ed etichettare il personaggio, a chi gli chiedeva perché non lasciasse l’Italia come tanti suoi colleghi, rispose: «Perché non vorrei mai sentirmi chiedere da mia figlia perché sono fuggito e non ho lottato per il mio Paese». Forse questo è il suggerimento che lei potrebbe dare ai suoi nipoti.
È vero che tante volte è difficile per un giovane cercare lavoro e soddisfazioni in un Paese che non è fatto per i giovani, ma neppure per gli anziani.
È vero che ormai siamo Europei e quindi cittadini di un continente, non più di un Paese e quindi si può, anzi si deve quando possibile, fare esperienze all’estero e prendere specializzazioni. Ma è anche vero che far studiare i ragazzi ha un costo anche per la comunità, non solo per le famiglie.
Non è bello «sfruttare» le possibilità offerte e poi fuggire. Bene che i suoi nipoti vadano all’estero, ma spero che presto abbiano la forza di tornare in Italia e di «lottare» per cambiare il loro Paese.
Sono loro che possono e devono farlo, sono loro che avranno in mano gli strumenti per avviare quella «rivoluzione» spesso chiesta proprio dai giovani che però, quasi subito, si stancano di lottare.
Domenico Mugnaini