Se i cattolici si dividono su tutto

Caro Direttore,confesso che ogniqualvolta ritorno da un incontro di cattolici militanti nei vari raggruppamenti politici, vengo assalito da una grande tristezza, perché mi accorgo che, immancabilmente, ognuno di noi, invece di sottoporre ad analisi critica di coerenza, le sue idee sulle varie problematiche in discussione, poiché è convinto di avere l’assoluta verità in tasca, a mala pena, riesce a celare la sua insofferenza, nei confronti di chi si sforza di porre, sul tavolo del confronto, idee ed opinioni diverse dalle sue.Sulle teorie dei massimi sistemi, ci si trova sempre tutti d’accordo. Quando poi si scende sul concreto, ci si accorge che, fra le varie posizioni, ci sono anni luce di distanza, tanto da far sorgere il sospetto che, da parte nostra, possa esserci troppa disinvoltura, se non addirittura abuso vero e proprio, nell’autodefinirci cattolici.

Non occorre poi un grande acume per scoprire che, quasi sempre, le singole posizioni, sono quasi sovrapponibili a quelle delle formazioni politiche di riferimento. Infatti, su tematiche che riguardano la vita, la persona, la famiglia, la giustizia, la solidarietà e, soprattutto in questo momento, la pace, i cattolici, tutti i cattolici, non potrebbero che trovarsi dalla stessa parte, che, poi, è la parte del Papa, della dottrina sociale della Chiesa e, soprattutto, del Vangelo.

Poiché, non è quasi mai così, allora è da domandarsi dov’è l’imbroglio, perché, in ultima analisi, nella stragrande maggioranza dei casi, d’imbroglio si tratta. Il sospetto è che, di fronte all’alternativa, coerenza con i principi del cattolicesimo e tornaconto personale (carriera politica, visibilità, posizioni di rilievo nei vari campi ecc.), si faccia prevalere quest’ultimo, tanto, per come vanno le cose oggi, nessuno si prenderà la briga di chiedercene mai conto, visto che, come diceva Qualcuno, chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Non credo che si possa continuare con questo pessimo andazzo che, oltre a disorientare i credenti, offre strumenti efficacissimi di propaganda negativa a coloro che credenti non sono.

Quando, dopo la Resurrezione, Gesù appariva ai Discepoli, fra le infinite frasi, con cui avrebbe potuto salutarli, ha scelto questa: «Pace a voi», volendo indicare, in modo inequivocabile, quale fosse il bene più prezioso per l’umanità.

Oggi, di fronte alla guerra, che, come dice anche il Papa, rappresenta sempre la più grande sconfitta dell’uomo, molti di noi, che ci definiamo cattolici, non solo non abbiamo il coraggio di tenere alto quel simbolo, ma in molti casi, ligi agli ordini dei nostri padroni politici, ci mettiamo in prima fila per sbeffeggiare coloro che hanno avuto, non il coraggio, ma la gioia di farlo.Aurelio Coroneseaurelio.coronese@virgilio.it ondivido in pieno queste amare considerazioni. È vero, quando si discute di tematiche importanti, che mettono in gioco i grandi valori, come la vita, la famiglia, la giustizia, la solidarietà, la pace, i cattolici dovrebbero saper andare oltre le loro «appartenenze» politiche, consapevoli che quei grandi valori sono comuni e vanno difesi e perseguiti prima di ogni altra cosa. Invece, anche sul tema della guerra all’Iraq, a fronte della posizione ferma e chiarissima del Papa e degli episcopati di tutto il mondo, i cattolici impegnati in politica, almeno qui in Italia, si sono dolorosamente divisi, fermi ciascuno a ripetere le proprie ragioni e a demonizzare l’avversario. Un piccolo segnale positivo mi sembra però venga dalla gente. Tra chi in questi giorni ha manifestato in tanti modi diversi il suo desiderio di pace e la sua ostilità a questa guerra (dall’esposizione delle bandiere della pace fino alla partecipazione ai cortei) ho visto tanti che non possono essere certamente riconducibili all’area di sinistra e che magari era la prima volta che prendevano iniziative del genere. Credo che dovrebbe essere un’occasione di riflessione per quei politici cattolici che in Parlamento, al di là della concessione o meno dello spazio aereo e dell’uso delle nostre basi agli americani (scelta difficilmente contestabile), non hanno saputo dire un chiaro «no» a questa guerra.